Last updated on Giugno 2nd, 2022 at 08:23 am
La Swiss Academy of Medical Sciences (SAMS) ha pubblicato il 19 maggio le linee guida in materia di «suicidio assistito», Management of dying and death, stese in una prima versione nel 2018 e modificate poi nel 2021 a causa del dibattito acceso che si è sviluppato su questo tema. «Nel processo di revisione, la sottocommissione ha tenuto audizioni di esperti, ha rilevato i risultati del Programma nazionale di ricerca «End of Life» (PNR 67) e ha attinto a uno studio commissionato dalla SAMS medesima sull’atteggiamento dei medici svizzeri nei confronti del suicidio assistito».
Il «suicidio assistito» è legale in Svizzera fin dagli anni 1940, a condizione che le persone commettano esse stesse l’atto finale e che chi le assiste non abbia alcun interesse nella loro morte. Oggi i «suicidi assistiti» rappresentano circa l’1,5% dei 67mila decessi registrati in media ogni anno.
Le nuove linee guida decretano che «il suicidio assistito per persone sane non è giustificabile dal punto di vista medico ed etico». Chi volesse porre fine alla propria vita dovrebbe invece dimostrare che la propria sofferenza è «insopportabile» e che «altre opzioni non hanno avuto successo o sono state rifiutate […] come irragionevoli».
Dal punto di vista pratico, inoltre, i pazienti dovrebbero avere almeno due incontri con un medico prima della decisione finale, a distanza di almeno due settimane, per «discussioni approfondite» che possano garantire che il loro desiderio sia «ben ponderato e duraturo».
Pur non essendo giuridicamente vincolanti, le nuove linee guida faranno parte del codice deontologico cui dovranno attenersi i medici svizzeri nel futuro.
Si tratta evidentemente del tentativo di porre un argine alla deriva cui si è assistito in Svizzera in relazione ai programmi di «accompagnamento alla morte», come hanno raccontato anche gli episodi risalenti a pochi mesi fa di due donne che dagli Stati Uniti d’America si sono rivolte a Basilea per porre fine alla propria vita grazie alla «[…] Pegasos Swiss Association, che, a differenza di Dignitas ed Exit International, le due maggiori organizzazioni per il “suicidio assistito” del Paese, accetta domande di morte volontaria assistita anche da persone che non sono malate terminali».
Inutile sottolineare che, come riportato dal sito web di informazione online SWI Swissinfo.ch, esprimendo il proprio dissenso, «in una dichiarazione congiunta, le principali organizzazioni svizzere per il suicidio assistito hanno affermato che le linee guida sono legalmente inammissibili e renderebbero più difficile fornire aiuto a coloro che vogliono porre fine alla propria vita».
«Jean-Jacques Bise, co-presidente del gruppo Exit Suisse», continua il sito Swissinfo, «ha dichiarato alla radio pubblica RTS che le nuove norme non sono pratiche, in particolare l’obbligo di sostenere due colloqui con un medico in anticipo, cosa che secondo lui sarebbe difficile da far rispettare nei casi urgenti».
Non vi è dubbio che monsieur Bise sia contrario alle nuove linee guida. Probabilmente è soprattutto impensierito all’idea che la sua organizzazione non possa, nel futuro, intascare i quasi 10mila dollari che le due donne statunitensi in febbraio hanno versato alla Pegasos per morire.