Verso la fine dell’autunno, l’ultimo giorno di novembre, in concomitanza con l’inizio dell’Avvento, subito prima del mese delle festività natalizie e delle mille luci, cade la festa di sant’Andrea. Non una festività da calendario, a parte l’onomastico di chi porta questo bel nome, ma certamente una data che si riallaccia alle antiche tradizioni legate alla vita agreste e contadina.
Andrea, pescatore e fratello di Pietro, fu discepolo di Gesù, viaggiò in Asia minore e in Scizia, lungo il Mar Nero, e predicò in Cappadocia, Bitinia e Galazia. Fu martirizzato per crocifissione a Patrasso, in Grecia, su una croce decussata, vale a dire a forma di X, con i bracci della stessa lunghezza, che porta appunto il nome di croce di sant’Andrea, e le sue reliquie sono conservate in diversi luoghi, in Italia e altrove.
Per la tradizione contadina, il giorno di sant’Andrea segnava l’inizio dell’inverno, al termine dell’annata agraria, e un periodo di relativo riposo dei braccianti e dei campi, al primo vero irrigidirsi del clima, nel buio dei tramonti sempre più precoci che culmineranno il 13 dicembre a santa Lucia, «la notte più lunga che ci sia».
Nel viterbese, resiste ancora la tradizione della «scampanata di sant’Andrea», che risale all’epoca medioevale: il 30 novembre, al calare del buio giovani e ragazzi percorrono le strade con barattoli di latta e lattine legati con corde e fil di ferro, provocando un gran baccano che servirebbe a scacciare gli spiriti maligni che potrebbero popolare l’oscurità. In epoca medioevale il rumore era provocato da campanelle e campanacci, mentre sant’Andrea veniva invocato affinché facesse soffiare il vento, in modo che le olive cadessero dagli alberi e potessero perciò essere raccolte anche dai poveri, che non avevano invece il permesso di toccare quelle sulla pianta.
Nel Nord Italia, fino a un secolo fa il periodo dell’uccisione del maiale andava da sant’Andrea, quindi tra la fine novembre e l’inizio di dicembre, sino a sant’Antonio abate, il 17 gennaio. In cascina, infatti, il maiale era nutrito e ingrassato finché era disponibile il suo mangime naturale, per essere macellato quando questo era esaurito. Le sue carni, di cui come noto non si sprecava nulla, lavorate nei giorni freddi e sperabilmente asciutti che aiutavano a garantirne la conservazione, divenivano così la scorta di grasso e di proteine animali per la famiglia durante tutta la stagione fredda, e i primi salami e i primi cotechini lavorati a sant’Andrea erano pronti per celebrare il Natale, nella gioia della famiglia riunita intorno alla tavola.