Febbraio, mese breve e spesso rigido per il freddo che si vorrebbe aver lasciato alle spalle e invece ancora bussa alla finestra. Quest’anno non troppo, in realtà, ma detti e proverbi s’inverano nel tempo e quindi in dialetto milanese «Febrar l’è curt ma l’è pesg che on turch», quando i Turchi, con la lettera maiuscola, facevano paura.
Mese a cavallo fra l’inverno e la primavera, quando le feste del Natale sono quasi dimenticate e i tepori di marzo e aprile ancora da venire, quando fiorisce il calicanto di giallo festoso anche nei giardinetti dei condomini.
Caratteristica peculiare del calicanto, dal greco Chimonanthus, che significa «fiore d’inverno», sono proprio i fiori, di colore giallo con interno porpora, che sbocciano prima che la pianta abbia cominciato a produrre le foglie: ne risulta un arbusto che pare rinsecchito, ma ricoperto completamente da fiori piccoli e molto profumati.
La leggenda narra di un pettirosso, stanco e infreddolito, che cercava riparo per riposare, proteggersi e scaldarsi un po’. D’inverno, però, le piante sono spoglie e magre, quasi tutte, tranne il calicanto. L’arbusto allora chiamò a sé il pettirosso, lo ospitò fra i suoi rami e con le sue foglie ingiallite lo riscaldò. Il Gelo, che aveva visto il bel gesto, volle ricompensare il calicanto e fece cadere sull’alberello una pioggia di fiori, simili a stelle brillanti e profumate.
Per questo, nel linguaggio dei fiori il calicanto simboleggia la protezione affettuosa.
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