«Nostradomus». Gli orti botanici

La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti raccolti oggi per seminare un domani migliore

L'orto botanico di Padova

L'orto botanico di Padova

Il mese di aprile, all’inizio della primavera, è il periodo d’oro di chi ami occuparsi del verde, sia in casa sia se si abbia la fortuna di godere di un giardino. È il momento ideale per far talee, per esempio, e per rinvasare le piante un po’ troppo cresciute, rinnovando il pane di terra e concedendo più spazio e più ossigeno alle radici.

Una forma speciale e particolarissima di giardinaggio, che ha raggiunto completo sviluppo all’ombra dei chiostri monastici italiani, è quella dell’orto botanico.

«Complessi simili a quelli che verranno chiamati “orti botanici” esistettero, per qualche uso, sin dai tempi antichi, come in Egitto o in Grecia o ancora a Roma», si legge infatti nel Dizionario elementare della civiltà cattolica, «Tuttavia nessuno di questi ebbe le caratteristiche che furono riconosciute agli orti botanici nati in Italia, all’ombra di grandi complessi conventuali o di scuole mediche come la Scuola Salernitana».

Erano orti curatissimi, sorti in epoca medioevale, dedicati alla coltura cosiddetta utilitaristica, di piante ed erbe alimentari o medicinali, «ma è soltanto nel 1543 e nel 1545, con la nascita dei primi veri e propri orti botanici a Pisa e Padova, che possiamo considerare la nascita di questo particolarissimo tipo di realtà come istituzione universitaria, didattica e scientifica».

In particolare, l’orto botanico di Padova nacque sul terreno coltivato da secoli dai frati della Basilica di Sant’Antonio, nella cittadina veneta. «È considerato il più antico al mondo e non è cambiato molto nel corso degli ultimi quasi 600 anni. La sua caratteristica precipua è l’organizzazione dovuta al progetto di Daniele Barbaro (1514-1570): esso è circolare, diviso in quattro quadranti che corrispondevano in origine ai 4 umori, 4 tipologie di piante. Le “particole” a loro volta rimandavano a usi di tipo industriale e alimentare».

Fu poi la volta del resto dell’Europa, degli orti botanici di Firenze, Lipsia, Jena, Heidelberg, Leida, Montpellier e nel secolo successivo di quelli di Copenaghen, Oxford, Uppsala, Parigi, Amsterdam e altri ancora.

«Nel periodo in cui furono creati», continua il Dizionario, «la cultura dominante era ancora intrisa di religione e l’iconologia sacra era uno dei modi con cui essa, allegoricamente e simbolicamente, si esprimeva: per questo motivo gli orti botanici del XVI secolo avevano, oltre a un’evidente funzione didattica e scientifica, una funzione simbolica di rappresentazione della realtà sovrarazionale, metafisica, cosmica». Erano spesso la trasposizione del giardino dell’Eden, simbolo dell’assenza di peccato, contrapposti al bosco e alla foresta, popolati di animali selvatici che rappresentavano appunto il disordine e il peccato.

Gli orti botanici offrivano il grande vantaggio di permettere agli studenti e agli studiosi di medicina e di botanica di toccare, annusare, guardare dal vivo piante di tipi diversi, magari comuni ma raccolte tutte assieme, oppure piante tropicali coltivate nelle serre o ancora piante rare quasi sconosciute.

Oggi, pure senza disporre di grandi spazi e della manodopera dei monaci, è facilissimo procurarsi a pochi euro piantine di erbe aromatiche, per esempio, che possono crescere e prosperare anche su un semplice davanzale, al sole, solamente prendendosene cura. Una bella lezione, per i bambini e per gli adulti.

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