«No» della Federazione Internazionale Nuoto ai transgender nelle gare femminili

La FINA segue l’Unione Ciclistica Internazionale e precede l’International Rugby League, per garantire competizioni eque

FINA

La vicenda di «Lia» Thomas, la prima persona transessuale in assoluto a vincere un titolo NCAA , la Federazione riservata ai college statunitensi, è ormai arcinota.

Will Thomas, che benché sia nato maschio si identifica però come donna, pur avendo mantenuto ancora gli attributi maschili, ha assunto il nome di «Lia» e ha ottenuto la possibilità di gareggiare nelle competizioni femminili dello sport che preferisce, il nuoto, e in cui come ragazzo francamente non eccelle.

Thomas è stato autorizzato dall’Università della Pennsylvania a gareggiare nelle 500 yard stile libero femminili, oltre ad utilizzare tranquillamente bagni e spogliatoi delle ragazze, e in marzo, ad Atlanta, ha battuto tutte le avversarie, compresa Emma Weyant, argento olimpico nei 400 misti ai Giochi olimpici di Tokyo dell’estate scorsa.

La vittoria ha sollevato scontento malcelato fra le atlete, e la fiera opposizione del governatore della Florida, Ron DeSantis, che ha infatti rifiutato il verdetto riconoscendo come vincitrice della gara la Weyant. Come scriveva già a suo tempo «iFamNews», però, «in realtà le polemiche per la partecipazione di “Lia” Thomas in competizioni di nuoto femminili non sono nuove. Tant’è che la NCAA, sotto pressione, […]  ha scelto di rivedere le sue linee guida sugli atleti trans che chiedono di gareggiare con le donne. Lo ha fatto scaricando le responsabilità su ciascun organo di Governo. E così il giorno dopo l’organo di Governo del nuoto ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma di “credere fermamente nell’inclusività e nell’opportunità per tutti gli atleti di sperimentare lo sport del nuoto in modo coerente con la loro identità ed espressione di genere”».

Qualche giorno fa l’«organo di Governo per il nuoto», la Federazione Internazionale del Nuoto (FINA), ha approvato una normativa in base alla quale gli atleti transgender non potranno partecipare alle competizioni femminili d’élite, a meno che non abbiano completato la transizione entro l’età di 12 anni.

Questo, naturalmente, per evitare che i «vantaggi competitivi duraturi generati da una pubertà maschile inondata di testosterone, come una maggiore massa muscolare, capacità polmonare e altezza», possano determinare mancanza di equità nelle gare, a ovvio svantaggio delle ragazze, come affermato anche in un articolo del quotidiano statunitense The New York Post. Resta comunque allo studio anche la creazione di una categoria «aperta» in cui possano competere gli atleti transgender.

La FINA segue l’Unione Ciclistica Internazionale (UCI), che aveva preso la decisione di vietare le gare agli atleti trans in aprile, e precede di un paio di giorni  l’International Rugby League (IRL), che il 21 giugno ne ha proibito la partecipazione alla Coppa del Mondo Rugby League, che inizierà nel Regno Unito il 15 ottobre, e fino a nuovo ordine.

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