I danni collaterali delle politiche Covid

Ammalarsi a volte è il prezzo per tornare alla normalità

Adesso che il Covid sembra essere una minaccia ridimensionata, c’è chi tira le fila di due anni in cui il lavoro di medici, infermieri e ricercatori è stato fondamentale, ma nei quali alcune decisioni politiche hanno prodotto molti danni collaterali. Lockdown prolungati, chiusura delle scuole, obblighi e divieti sproporzionati imposti per decreto, clima di caccia alle streghe e censura nei confronti di chi avanzava dubbi su alcune misure, allarmismo continuo hanno provocato conseguenze psicologiche, economiche e sociali anche gravi in tutto il mondo.

Dalla pandemia alla “triplodemia”

Ma c’è una conseguenza più sottile che il Covid e le politiche per contrastarlo hanno lasciato in tanti, una pandemia che non ha a che fare con un virus, ma con la paura. Ne parla su The Free Press Vinay Prasad, medico e professore alla University of California San Francisco, registrando come negli Stati Uniti stiano aumentando gli allarmi per l’ultimo “assalto virale” di questi mesi: «È stata chiamata “triplodemia”, una combinazione di Covid-19, influenza e virus respiratorio sinciziale (RSV), additato come colpevole di alti tassi di malattia e un eccesso di ricoveri, soprattutto tra i bambini. Il messaggio è chiaro: temete i virus respiratori invernali e prendete tutte le precauzioni possibili. È ora di rimettersi ancora una volta le mascherine, evitare la folla e socializzare all’aperto, se possibile».

Questi i suggerimenti degli esperti americani (ma vale anche per l’Italia), pronti a rispolverare pavlovianamente le misure adottate nella fase critica della pandemia. Eppure, scrive Prasad, prove scientifiche e dati «contraddicono la narrazione dei media e di molti funzionari della sanità pubblica». Le precauzioni raccomandate, infatti, sono scientifiche tanto quanto «bruciare un bastoncino d’incenso o indossare aglio per allontanare i vampiri». La “trilpodemia” si affronta vivendo quella che prima del Covid chiamavamo vita normale, spiega il professore: «insistere su precauzioni infinite di fronte all’inevitabile esposizione ai germi non è solo fuorviante dal punto di vista medico, ma minaccia anche di stigmatizzare le interazioni umane più banali».

L’influenza non è peggio degli altri anni

Media ed esperti insistono nell’invitare i bambini a indossare le mascherine a scuola (e ci sono istituti in cui questo avviene di nuovo) ripetendo che soltanto questo «aiuterà a mantenere i nostri bambini al sicuro in classe con i loro coetanei». Il fatto è che, dice Prasad, la “triplodemia” probabilmente neppure esiste, non è possibile evitare i virus respiratori e non ci sono prove che precauzioni prolungate ritardino l’inevitabile.

I dati raccolti finora dicono che la stagione influenzale non è peggiore di quella di altri anni, e semmai il problema sono gli ospedali a corto di personale e la mancanza di letti pediatrici. «Negli ultimi due decenni, come ha spiegato il Washington Post, c’è stato un forte calo dei letti pediatrici a livello nazionale. Insomma, dovremmo avere meno paura dell’RSV e più preoccupati per la nostra ridotta capacità di gestire le malattie virali di routine anno dopo anno».

È «naturale e salutare» esporre i bambini ai virus

In secondo luogo, spiega il breve saggio su The Free Press, «non è possibile evitare i virus respiratori. Con misure estreme e draconiane, l’esposizione ai virus respiratori può essere ritardata, ma non può mai essere evitata. Gli esseri umani devono respirare ogni minuto di ogni giorno. E, poiché gli esseri umani sono creature sociali, la maggior parte di quel respiro sarà naturalmente molto vicino ad altri esseri umani». Come ogni genitore sa, a un certo punto i bambini si ammalano, e «questo non ha nulla a che fare con un sistema immunitario più compromesso», dice la dott.ssa Danuta Skowronski del British Columbia Center for Disease Control.

Sembra superfluo sottolinearlo, ma «è naturale, salutare e necessario che i bambini piccoli siano esposti a molti virus. Affinché i bambini possano sviluppare l’immunità ai patogeni comuni, affinché possano sviluppare un sistema immunitario normalmente funzionante, devono avere tale esposizione, che a volte li farà ammalare».

L’utilità delle mascherine ai bambini durante la pandemia? Poca

Prasad cita due studi internazionali che dimostrano come bambini con le mascherine si ammalavano di Covid nelle stesse percentuali dei loro coetanei che non le indossavano. Non solo, anche dando per sicuro che le mascherine impediscano il contagio, farle indossare a chi è guarito dal Covid (in America 9 bambini su 10, si stima) significa preservarli da una nuova infezione che per loro sarebbe meno grave della comune influenza o persino di alcuni virus del raffreddore.

«Il Covid-19 ha sconvolto tutti gli aspetti della vita», osserva il professore. «Ha sconvolto l’immigrazione, i viaggi, gli affari, l’istruzione, le pratiche religiose, la vita familiare e la società stessa. Alcune di queste interruzioni hanno interferito con la diffusione di virus respiratori come RSV e influenza. Il fatto che il Covid-19 abbia continuato a diffondersi nonostante tutto questo è una testimonianza di quanto sia contagioso, soprattutto in una popolazione che all’epoca non aveva sostanzialmente alcuna immunità preesistente. Ora che le sospensioni di attività come quelle appena citate non ci sono più, altri virus sono inevitabilmente tornati. Gli ospedali dovrebbero prepararsi a questo».

Pensare di affrontare in futuro qualunque virus con mascherine a scuola (e sappiamo quanti danni hanno fatto soprattutto ai più piccoli) e suggerendo alle persone di evitare la folla e i luoghi chiusi per paura di ammalarsi, non può reggere. «A tre anni dall’inizio della pandemia ci troviamo di fronte a una domanda cruciale: come vogliamo vivere il resto della nostra vita? Come la maggior parte degli americani e come medico, la mia risposta è clamorosa: normalmente». Passare dalla pandemia di Covid alla pandemia di paura non può essere la soluzione.

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