Last updated on aprile 6th, 2021 at 05:28 am
Se qualcuno crede che la crisi di governo abbia paralizzato l’attività politica italiana, sta sbagliando di grosso. Mentre tra i palazzi del potere fervono trattative sui nuovi ipotetici assetti della maggioranza, al ministero dell’Interno si lavora, eccome. La settimana scorsa il ministro Luciana Lamorgese ha annunciato che sulle carte d’identità dei minori di 14 anni sarà ripristinata la dicitura «genitori» invece di «padre» e di «madre». L’esigenza di questo provvedimento resta però ignota ai più. È invece palese il dissenso, che oggi è stato plasticamente rappresentato da un presidio sotto il Viminale organizzato dalle associazioni pro-famiglia.
La petizione
Un gruppo di cittadini si è radunato dietro uno striscione con scritto «Una mamma e un papà: un decreto non cambia la realtà. Stop genitore 1 e genitore 2». Erano presenti rappresentanti del Comitato Difendiamo i Nostri Figli, di ProVita & Famiglia, di Non si Tocca la Famiglia e di CitizenGo. Eloquente la richiesta: fermare questo tentativo di cancellare «le parole più belle sulla bocca dell’umanità», come recitava un altro striscione firmato da CitizenGo. L’associazione ha peraltro lanciato, il 14 gennaio, una raccolta firme che ha già superato quota 40mila. «In un momento difficilissimo per il Paese, il Ministro degli interni ha avuto il coraggio di ri-presentare un progetto ideologico atto a cancellare il concetto di maternità e paternità per sostituirlo con una sequenza numerica», si legge nel testo della petizione.
«Ce lo chiede l’Europa»
CitizenGo ritiene la modifica delle carte d’identità «un’aberrazione dell’ideologia gender», parte di «un progetto di decostruzione della realtà della famiglia». Eppure, come ha chiarito la Lamorgese alla Camera dei deputati, la scelta segue un’indicazione del garante della privacy per adattarsi alla normativa europea sul trattamento dei dati. «Ce lo chiede l’Europa», insomma. Al presidio sotto il Viminale ha preso parte anche l’eurodeputata Simona Baldassarre, della Lega, la quale ha voluto sottolineare come non tutto ciò che viene da Bruxelles coincida con gli interessi nazionali italiani.
No alla sovversione antropologica
Critico anche Jacopo Coghe, vicepresidente di ProVita & Famiglia. «A suon di “ce lo chiede l’Europa”», afferma, «è stata smantellata la nostra cultura, la nostra identità, le nostre radici per obbedire ai più ciechi e ideologicamente insensati ordini dell’Unione Europea». Ma, aggiunge, «non sarà una nomenclatura a cambiare la realtà».
Dal canto proprio Massimo Gandolfini, leader del Family Day, dichiara: «Proseguiamo nella nostra azione di contrasto alla sovversione antropologica che offende la ragione e il sentimento del popolo italiano e che rende sempre più debole e vulnerabile il tessuto sociale».
Le diciture «Genitore 1» e «Genitore 2» erano state introdotte nel 2015 da un decreto dell’allora ministro dell’Interno Angelino Alfano. È stato poi Matteo Salvini, quand’era a capo del Viminale, a reintrodurre i termini «padre» e «madre».
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