«Equality Act»: mons. Stowe, la prego, ci ripensi

Il vescovo statunitense si schiera con l’agghiacciante «Equality Act». Cattolici e non cattolici gli scrivono

Mons. John Stowe

Last updated on aprile 30th, 2021 at 03:14 am

La Chiesa Cattolica non è una democrazia. Menomale. Certo, tutti sappiamo che, parlando alla Camera dei Comuni l’11 novembre 1947, lo statista britannico Sir Winston Churchill (1874-1965) fece propria l’opinione di un ignoto suo predecessore secondo cui «la democrazia è la peggior forma di governo eccettuate tutte le altre», ma il non essere una democrazia risparmia alla Chiesa Cattolica almeno il fardello di decidere la dottrina attraverso un’urna, per alzata di mano o giostrando fra le correnti. Essendo, per i cattolici, una monarchia il cui sovrano assoluto non è di questo mondo, Essa esige anche da se stessa l’attenzione costante a se stessa, alla bisogna correggendosi fraternamente. Questo è il primo punto di oggi.

Il secondo è che “iFamNews”, nel suo schierarsi per il diritto alla vita, la famiglia naturale e le libertà autentiche della persona, continua a rimanere una testata non confessionale. Nel suo fare cronaca, da portale d’informazione qual è, rileva dunque un fatto.

Il 19 marzo mons. John Stowe, vescovo cattolico di Lexington, in Kentucky, negli Stati Uniti d’America, ha indirizzato una lettera ai senatori Dick Durbin, Democratico, e Chuck Grassley, Repubblicano, ovvero i due membri più anziani del Senate Committee on the Judiciary, informalmente detto «Senate Judiciary Committee», organismo fra i cui compiti, oltre al vaglio delle nomine presidenziali di governo e in ambito giuridico, vi è la supervisione del ministero della Giustizia e la disamina delle leggi in discussione. Nella lettera, fra altre cose, mons. Stowe appoggia il cosiddetto «Equality Act», ovvero la legge che, strumentalizzando la difesa delle persone LGBT+ da ogni discriminazione, molestia e violenza, distrugge la libertà di espressione e la libertà religiosa che sono i pilastri della vita associata fra gli uomini, essendo diritti fondamentali della persona.

Ovviamente le persone LGBT+ vanno difese da ogni discriminazione, molestia e violenza esattamente come va difeso da ogni discriminazione, molestia e violenza qualsiasi essere umano, questo è fuor di dubbio. Quello che invece è molto, molto dubbio è che sia necessario marchiare una persona (in questo caso con il bollino «LGBT+») per difenderla da discriminazione, molestia e violenza. E il dubbio si fa certezza quando si contrabbanda con la difesa di una persona l’imbavagliamento di un’altra.

Così scrivendo mons. Stowe, virtualmente l’unica voce pro «Equality Act» all’interno della Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti, ha gettato scandalo. Ovviamente ha scandalizzato i cattolici, ma ha scandalizzato pure tutte le persone che si battono per la vita e la famiglia di qualsiasi fede e obbedienza religiosa siano, e persino i cronisti. Che un principe della Chiesa Cattolica si schieri infatti così singolarmente contro il buon senso, la ragione e la morale che da duemila anni contraddistingue ininterrottamente la Chiesa cui appartiene, e persino il credo e il buon senso e la ragione di altre fedi e di molti laici, è cosa che non può non notarsi.

Ed è qui che quella monarchia il cui sovrano assoluto non è di questo mondo che si chiama Chiesa Cattolica ha, come esige la Sua natura, posto attenzione a se stessa e, notandone il bisogno, si è corretta. In questo frangente storico l’iniziativa è stata di una delle componenti di quel popolo di Dio ordinato gerarchicamente che è la Chiesa Cattolica: i fedeli, se si vuole alcuni suoi fedeli. Essendo la questione in oggetto di pertinenza anche ma non solo dei cattolici, la voce di quella parte del popolo di Dio si è naturalmente subito unita a quella di altri, non cattolici, per esempio battisti del Sud, evangelicali, ebrei e altri, e così, con la deferenza filiale che si deve a una monarchia il cui sovrano assoluto non è di questo mondo e a un suo principe in questo mondo (la cosa vale anche per i non cattolici, i quali, pur non credendoci, rispettano con ossequio quest’autocomprensione della Chiesa Cattolica, esattamente come la Chiesa Cattolica, pur non credendoci, rispetta con ossequio l’autocomprensione, che so, dei tibetani buddhisti della scuola geluk e chiama anch’Essa il Dalai Lama «Sua Santità» come fanno oggi tutti i buddhisti tibetani, non solo quelli di scuola geluk) ha scritto a mons. Stowe, implorandolo di riconsiderare l’intera vicenda e di tornare sui propri passi in nome della libertà religiosa e della verità delle cose che la Chiesa Cattolica, di cui lui ma non tutti fanno parte, non possiede ma da cui è posseduta.

La lettera a un vescovo cattolico sottoscritta da questa comunità multiconfessionale di difensori della vita, della famiglia naturale e delle autentiche libertà della persona ha quindi preso la forma di una petizione, di cui la National Organization for Marriage, negli Stati Uniti, si è fatta promotrice ufficiale e l’International Organization for the Family, editore di “iFamnews”, eco.

Il cronista ne prende atto esattamente come prende atto del fatto che la Chiesa Cattolica non sia una democrazia (menomale, così si risparmia la pena di decidere cosa sia il bene e cosa sia il male a colpi di maggioranze che parlamentano e che parlano), fiducioso che, non essendo la dottrina di quella società sui generis il frutto di contrattazione mercantile, la vicenda finirà bene.

Image source: Bishop John Stowe of the Roman Catholic Diocese of Lexington, KY, from Wikimedia Commons, licensed by CC BY-SA 4.0

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