«Ambra spettacolare della mia esistenza»

«Di niente e di vento», poesie di Claudia Zuccarini: la linfa degli affetti familiari in rime sparse

Acquerello di Chiara Anaclio

Acquerello di Chiara Anaclio

Di niente e di vento, un titolo che evoca leggerezza, evanescenza, come la consistenza dei tratti di colore delicati che caratterizzano la copertina di questa raccolta di poesie scritta da Claudia Zuccarini, edita per Campi di carta, ma che sotto la sua coltre impalpabile, nasconde un contenuto pieno e solido.

Infatti in Di niente e di vento la poetica trae linfa sostanziale dagli affetti, che fungono da faro emotivo e da terreno roccioso nelle avversità. Non a caso, nella sezione intitolata Terra ferma, si possono rintracciare i versi più intensi, rivolti ai figli e alla famiglia, con similitudini e con metafore ricercate, che fungono da filo conduttore di tutta la raccolta. L’amore familiare è dunque il motore propulsore di questa produzione, punto di partenza, ma anche momento di riposo e luogo di continuo ritorno, nel corso della ricerca esplorativa della realtà che si configura anche come indagine di senso dell’esistenza.

Come affermava l’attrice Monica Vitti (1931-2022), «la poesia è una grazia, una possibilità di staccarsi per un po’ dalla terra e sognare, volare, usare le parole come speranze, come occhi nuovi per reinventare quello che vediamo», ed è così che l’amore per i propri cari viene foderato di una veste linguistica che si stacca dal quotidiano e che si accosta, invece, al mondo delle perle di onice, dei gioielli di avorio, dei ciondoli preziosi. Come in Cecilia,dove tutta l’unicità e la preziosità di un legame familiare così intenso e profondo come è quello con la propria figlia viene trasformato in una creazione d’arte, in una sorta di ricco monile: «Perle d’onice ridenti corrono sempre in là nel futuro, gigli in cornice brunita tintinnano al mondo lettere d’indaco». Cecilia viene reificata, trasformata in un gioiello, nello scrigno della vita della scrittrice, «ambra spettacolare della mia esistenza», come la descrive la Zuccarini.

In Mia madre il primo verso è introdotto da una certezza, «ti somiglio» e il perché viene spiegato da un susseguirsi di metafore, inanellate ad arte «nei ribattuti orli di composte vesti e nei battaglieri cenni dei delicati tratti», dove si manifesta la tenacia e la forza d’animo delle due donne.

Ma non mancano nemmeno le immagini legate ai paesaggi del sud, con i suoi colori intensi e gli elementi della natura. Risacche, Terra ferma, Oceano, Sabbie mobili e Orizzonte: si intitolano così le sezioni in cui si articola questa raccolta di poesie, parole che evocano pure fasi e sfaccettature dell’esistenza sgorgante attraverso i componimenti. Come un pennello nelle mani di un’artista, l’uso raffinato delle figure retoriche produce una serie variegata di bozzetti, di tele di parole, in muto dialogo con gli acquerelli di cui è arricchita la raccolta, opera dell’artista Chiara Anaclio.

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