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Nel 1961 l’“artista” italiano Piero Manzoni (1933-1963) chiuse ermeticamente in 90 barattoli tipo Simmenthal 30 grammi delle proprie feci e le etichettò «Merda d’artista».
Un intellettualastro che pontifica lo si trova sempre, ma le performance peggiori sono le autointerpretazioni autocelebrative, autogiustificative e autoassolutorie. Peggio ci sono solo gli epigoni.
Valerio Conti è un “artista” italiano. Ha prodotto un’“opera” dal titolo Ex corpore ostensio, quindi semplicemente “Ostensio”. Il titolo rimanda al concetto di reliquia. Esattamente quel che intendeva la “poetica” di Manzoni inscatolando deiezioni e chiamandole con il termine che Dante Alighieri adopera nell’Inferno (XVIII, 116) per ruffiani e ingannatori, e san Tommaso Moro (Responsio ad Lutherum, 1523) utilizza per dileggiare e disprezzare.
L’“arte” di Conti consiste «[…] in una campagna di affissione lungo il territorio di San Marino, in particolare ai lati della superstrada: l’arteria di collegamento che recide la viabilità pedonale e polarizza i luoghi di ritrovo dei cittadini. Le rappresentazioni che vengono affisse sono estratte dall’immaginario pornografico gay che, attraverso un processo di ingrandimento ed astrazione, perdono il referente semantico lasciando apparire solo l’indice di un contatto».
Porno. Omosessuale. Per strada. Ostensione. Reliquia. Merda. Il padre Dante e san Moro al mio fianco.
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