Ieri, mercoledì 2 dicembre, l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha riconosciuto ufficialmente le proprietà medicinali della cannabis in un voto espresso a Vienna dagli Stati durante una seduta della Commissione droghe delle Nazioni unite (CND), l’organo esecutivo per la politica sulle droghe.
All’ordine del giorno vi era il voto su sei raccomandazioni che l’Organizzazione mondiale della sanità ha adottato qualche anno fa per ricollocare la cannabis nelle quattro tabelle che dal 1961 classificano piante e derivati psicoattivi a seconda della pericolosità.
La cannabis quindi e esce, scomparendo dalla tabella 4, quelle delle sostanze più pericolose. Perché, dicono adesso, ha impieghi terapeutici, ergo fa bene. È un mondo così il nostro: oggi una cosa è male, domani diventa bene. Basta che qualcuno lo decida a maggioranza, che qualcuno unga le ruote e che qualche potente sorrida.
Si dice e si ripete che la decisione è maturata sulla base della letteratura scientifica. Curioso, questo utilizzo asimmetrico della scienza, la stessa che dimostra incontrovertibilmente che i bimbi nel ventre delle proprie madri non sono affatto grumi di cellule e però vengono massacrati allegramente lo stesso. Come se la scienza sia solo l’ennesimo strumento in mano alla politica, ai media, al denaro. Ieri hanno votato 53 Stati. La maggioranza è stata raggiunta per un solo voto. L’unico Paese a votare contro, in Europa, è stata l’Ungheria. E poi dicono che siamo tutti uguali.
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