Last updated on Agosto 12th, 2020 at 04:08 am
Riemerge, con un recente tentativo di imporre restrizioni ai ministri di culto di ogni religione presente nel Regno di Svezia, una vicenda secolare di persecuzione e di martirio.
Sono antiche e datano almeno al 1555 le radici dell’oppressione statalista esercitata attraverso la formula cuius regio eius religio. A Stoccolma l’avevano adottata i sovrani luterani per far scomparire dai propri territori ogni traccia di cattolicesimo. Don Magnus Nyman, già docente di Storia delle idee e della conoscenza nell’Università di Uppsala e oggi vicerettore del Newman Institutet, ne ha documentato gli aspetti più violenti in Förlorarnas historia. Katolskt liv i Sverige från Gustav Vasa til drottning Kristina, «La storia dei perdenti. La vita dei cattolici in Svezia da Gustav Vasa alla regina Kristina»
Ecco perché, per un’antica consuetudine divenuta parte della cultura nazionale, i protestanti obbediscono alle leggi dello Stato che per secoli li ha resi egemoni, concedendo loro il privilegio di essere religione ufficiale del Paese fino al 2000. Istituzionalizzata fin dalle origini, la Chiesa di Svezia si è sottomessa già dal 2009 alla legge e si assoggetta volentieri, benedicendo all’altare le “nozze” gay, benché senza coercizione nei confronti dei pastori. Tanto, se uno di loro non lo ritenesse opportuno, ci sarebbero sempre parecchi altri confratelli di scorta – alcuni per dichiarato omogeneo abbinamento sodomita – pronti a unire chiunque lo desideri.
Ora, tuttavia, il ministro delle Pari Opportunità, Åsa Lindhagen, del locale partito dei Verdi, ha scoperto con raccapriccio, da una ricerca condotta un anno fa dall’emittente Sveriges Television, che, su 34 confessioni presenti nel Paese scandinavo, appena 5 hanno seguito le direttive statali, mentre le altre 29 osano proseguire nella propria autonomia morale dagli orientamenti del Codice civile. Insomma, nessuna moschea, sinagoga, chiesa cattolica o sala del regno dei Testimoni di Geova si è ancora adeguata alle direttive. E persino fra le denominazioni protestanti ne rimangono di refrattarie.
Quelle sacche di resistenza vanno quindi colpite con provvedimenti restrittivi, invase con i poteri che la legge attribuisce ai propri funzionari, piegate alla volontà dell’autorità suprema. Beninteso, è con il pretesto della tutela delle minoranze e dei loro diritti che, «se si svolge una funzione in nome e per conto dello Stato, non si dovrebbe poter discriminare le coppie dello stesso sesso», sostiene il ministro, parlando con il quotidiano Aftonbladet, senza peraltro preoccuparsi troppo della compressione dell’obiezione di coscienza, dato che «non obblighiamo nessuno a celebrare sposalizi» e «abbiamo la libertà religiosa in Svezia. Si può credere e pensare esattamente quello che si vuole». Solo in teoria, però, perché la prassi va in senso opposto: «Questo riguarda gli effetti civili del matrimonio. D’altra parte, si è ovviamente liberi di avere cerimonie religiose di vari generi». Chi si rifiuta, tuttavia, se sarà approvato il piano messo a punto dai Verdi, si vedrà privato anche della possibilità di celebrare legalmente matrimoni di coppie eterosessuali.
«L’utilità comune prima della propria utilità», ripetevano ossessivamente i personaggi del dramma Amputasjon di Jens Bjørneboe (1920-1976), feroce satira, scritta nel 1970, del sistema sociale introdotto in Svezia dalla socialdemocrazia nel secondo dopoguerra, sostituendo il bene comune e l’interesse individuale con un “ciò che conviene” declinato in senso pubblico e amministrativo. Quello stesso equivoco, dagli anni 1920 e per un quarantennio, condusse a una massiccia campagna di sterilizzazioni forzate con il pretesto di migliorare la “razza”, evitando agli individui, giudicati inferiori secondo un criterio eugenetico, di riprodursi. Anche in quella circostanza, per propria stessa ammissione, la Chiesa di Svezia collaborò e diede il proprio contributo alla selezione della specie. Non c’è da sorprendersi, quando si accetta una serva Chiesa in un libero Stato.
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