Last updated on Giugno 4th, 2020 at 03:34 am
Il “politicamente corretto” globale ha individuato, tra gli altri, nel primo ministro ungherese, Viktor Orbán, e nel presidente del Brasile, Jair Messias Bolsonaro, due capri espiatori. L’opinione pubblica li accusa sulla base di notizie costruite e diffuse ad arte, indicandoli come i colpevoli di qualunque nefandezza politica, istituzionale e umana, esponenti dell’“autoritarismo” peggiore, “disumani”, stupratori dello Stato di diritto, o degli indigeni o degli immigrati, comunque delle libertà civili, sociali, e così via.
La fine dei “poteri speciali”
Ma la verità è diversa. Le accuse fantasiose rivolte all’Ungheria non tengono, così come non tiene l’idea di dipingere Budapest come discriminatoria nei confronti delle donne. Però, mentre il premier continua a godere dell’appoggio del 78% della popolazione, che ne apprezza pure le misure straordinarie e i “pieni poteri” concessigli dal parlamento l’accusa ad Orbán di violare lo Stato di diritto (pur smentita dalla Commissione Europea stessa e dalla Fondazione Adenauer) è stata rilanciata anche recentemente dal quotidiano italiano la Repubblica con una intervista a Michael Ignatieff, rettore della Central European University di George Soros, recentemente sfrattata proprio da Budapest. Cosa non torna in questa polemica, sostenuta anche dalla presa di posizione di ben 13 governi europei, inclusa l’Italia, il 1° aprile? Non torna che di quei pieni poteri, che avrebbero minacciato la democrazia ungherese, il primo ministro, non solo ha annunciato di volersi disfare, ma pure il parlamento, il 27 maggio ha già annunciato la data della fine, il 20 giugno, presentando una legge effettiva dal 28 maggio.
Lo stato di emergenza finirà quindi molto prima in Ungheria che non in Italia, in Spagna, in Svezia, in Francia e in diversi altri Paesi firmatari della suddetta lettera ufficiale di protesta. Sarebbe allora lecito attendersi qualche scusa nei confronti del “mostro” Orbán , così come il ri-direzionamento degli strali all’indirizzo del premier italiano Giuseppe Conte, di quello svedese Stefan Löfven, di quello francese Emmanuel Macron, di quello spagnolo Pedro Sánchez e di tutti gli altri. Ma non accadrà.
Vecchie conoscenze
Per la cronaca, fra le organizzazioni che si sono stracciate le vesti invocando il ripristino della normale funzionalità democratica delle istituzioni ungheresi si sono distinte l’Hungarian Civil Liberties Union, che solo tra il 2016 e il 2018 ha ricevuto una cifra pari a 525mila dollari statunitensi da Opens Society di Soros; l’Hungarian Helsinki Committee, che nello stesso arco temporale ha ottenuto una cifra pari a 610mila dollari sempre da Soros; nonché Amnesty International Hungary, che tra il 2017 e il 2018 da Soros ha ricevuto una cifra pari a 2 milioni e 352mila dollari. Naturale che Budapest abbia reagito adirata, accusando queste realtà di essere prezzolate e di nemmeno informarsi delle decisioni prese dal governo.
Intanto, il 29 maggio, con la firma da parte del presidente della repubblica János Áder, è entrata in vigore la legge che vieta il cambio di sesso all’anagrafe civile. 30mila nomi sono già in calce a una petizione che chiedono alla Commissione Europea di sanzionare Orbán. Promotore della petizione è l’associazione LGBT+ Transvanilla. Chi la finanzia? Dal 2016 al 2018 almeno 50mila degli euro che ha incamerato vengono da Soros.
Come insegna René Girard
Più complesso è il caso di Bolsonaro, reo soprattutto di avere sconfitto le forze socialcomuniste dopo 20 anni di governo granitico. Oggi il presidente brasiliano viene accusato in modo surreale di essere incapace di affrontare la situazione sanitaria alla guida del Paese divenuto il nuovo epicentro della pandemia.
Le statistiche dicono invece ben altro. Il numero maggiore di morti per milione di abitanti è quello del Belgio con 822, seguito dalla Spagna, dal Regno Unito, dall’Italia, dalla Francia, dalla Svezia, dai Paesi Bassi, dall’Irlanda, dagli Stati Uniti d’America e dalla Svizzera. Il Brasile è al 15° posto con 122 morti per milione di abitante. La Svezia, che il 30 aprile l’Organizzazione mondiale della sanità ha indica come “modello da seguire”, dopo un mese conta 414 morti per milione di abitanti.
Accuse risibili, insomma, che riportano alla mente Il capro espiatorio dell’antropologo e filosofo francese René Girard (1923-2015), il quale ricorda che quando la rivalità diviene eccessiva, o quando insorgono ragioni di paura e di insicurezza, in tutta la società si diffonde un sentimento di odio che tende a convergere minacciosamente su una sola vittima, quella che deve pagare al posto di altri canalizzando la violenza del gruppo sociale su un bersaglio “legittimo” e “non pericoloso”, il cui sacrificio fonda il legame religioso della comunità: il capro espiatorio è infatti sia reietto sia salvatore, dato che il suo sacrificio monda “la città” delle colpe che essa ha commesso. Ecco, dunque, la logica menzognera della lapidazione perenne dei leader conservatori.
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