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Jussie Smollett: da icona LGBT+ a «ciarlatano»

L’attore della serie TV «Empire» è stato riconosciuto colpevole per aver simulato un’aggressione razzista e omofoba ai suoi danni

Luca Marcolivio di Luca Marcolivio
14/03/2022
in Cultura, In evidenza
62
Reading Time: 4 mins read
0
Foto segnaletica Jussie Smollett

Image from https://inmatelocator.ccsheriff.org/

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Puoi essere il divo del momento. Puoi essere il paladino del politicamente corretto. Puoi essere nero e persino omosessuale. Se però dici bugie e organizzi truffe, la tua credibilità crollerà a zero anche tra chi credevi ti stimasse.

La vicenda giudiziaria di Jussie Smollett ha avuto un epilogo non scontato. Il 39enne attore, diventato popolare grazie alla serie TV Empire, è stato condannato a 150 giorni di reclusione per aver mentito alla polizia.

Seguiranno trenta mesi di libertà vigilata e un rimborso di 120.106 dollari statunitensi, corrispondenti alle spese per le indagini da parte delle forze dell’ordine, che per seguire il suo caso avrebbero accumulato 1836 ore complessive di straordinario.

Il 29 gennaio 2019, Smollett denunciò alla polizia di Chicago di essere stato vittima di una crudele e violenta aggressione. Due uomini, raccontò allora l’attore, lo avevano malmenato, legato con una corda al collo e insultato con epiteti razzisti e omofobi.

Migliaia e migliaia erano stati i messaggi di solidarietà all’attore sui social, con relativi proclami indignati dei politici e delle personalità liberal d’Oltreoceano.

Quando non distingui più fiction e realtà

Neanche un mese dopo, il colpo di scena che rovescia completamente le sorti. A seguito della visione del filmato ottenuto dalle telecamere di sorveglianza, gli inquirenti identificano negli aggressori due fratelli nigeriani, Abimbola e Olabinjo Osundairo, che avevano lavorato come comparse in Empire, accanto a Smollett.

I due complici di Smollett hanno poi dichiarato di aver ricevuto 4mila dollari per simulare il pestaggio dell’attore. Smollett, da parte sua, ha continuato a dichiararsi innocente e a sostenere la veridicità dell’aggressione. I fratelli Osundairo, affermano i legali dell’attore, sarebbero stati realmente mossi dall’omofobia.

Per dare ulteriore “effervescenza” all’episodio, Smollett attribuì ai suoi finti aggressori delle simpatie politiche per l’allora presidente Donald Trump.

In realtà, in seguito, è emerso che l’attore avrebbe organizzato questa incredibile messinscena per rilanciare la sua visibilità, dopo essere rimasto insoddisfatto del compenso ricevuto come attore.

L’ira delle autorità

L’esito della vicenda giudiziaria ha mandato su tutte le furie il sovrintendente della polizia di Chicago, Eddie Johnson, dichiaratosi «irritato» per la «vergognosa» macchinazione di Jussie Smollett. «Ha fatto un ritratto negativo della città che tutti amiamo», ha detto Johnson. «Cosa passa nella mente di una persona per spingerlo a fare una cosa di genere?».

Non meno duro è stato James Linn, il giudice che ha condannato Smollett, da lui definito «arrogante, egoista e narcisista», autore di un gesto «premeditato fino all’estremo», con il quale, alla fine, «ha rovinato la sua vita» e «ha danneggiato le vere vittime di crimini razzisti». È stata proprio la premeditazione ad aver reso la pena così severa.

Pur mettendone in luce l’impegno per i diritti civili e per le cause LGBT+, Linn non ha esitato ad apostrofare Smollett in questi termini: «Lei è solo un ciarlatano che si finge vittima di un crimine d’odio», la cui «ipocrisia è semplicemente sbalorditiva».

Poco dopo la sentenza di condanna, l’imputato ha detto: «Vostro onore rispetto lei e la giuria ma non ho commesso questo reato». E ha aggiunto: «Non ho tendenze suicide e se mi accade qualcosa mentre sono dentro non sono stato io a farmi del male. È bene che lo sappiate». Nel momento in cui gli agenti l’hanno portato via dall’aula, Smollett ha ribadito: «Sono innocente. Avrei potuto dire che sono colpevole molto tempo fa».

L’attore afferma anche di temere per la propria vita in carcere: «Se succederà qualcosa», non sarà stato certo un suicidio, dice Smollett, con riferimento alle sue vere o presunte tendenze.

Nemmeno il sindaco di Chicago, Lori Lightfoot, democratica e afroamericana, è stata indulgente con Smollett. La sentenza di condanna nei confronti dell’attore dovrebbe trasmettere «a tutti i cittadini di Chicago il chiaro messaggio che le bugie e le calunnie non saranno tollerate», dichiara il primo cittadino. «La città si sente vendicata da questa sentenza che lo ritiene responsabile e del fatto che riceveremo un risarcimento appropriato per le sue azioni», aggiunge la Lightfoot.

Dalle stelle alle stalle

Intanto, la bislacca e controproducente pantomima rischia di compromettere seriamente la carriera stessa dell’attore statunitense. Nel frattempo, la serie Empire si è conclusa nel 2020, mentre Smollett anche per ragioni processuali non ha più ricevuto proposte attoriali.

Non è da escludere che, non avendo precedenti penali, l’attore possa non scontare nemmeno un giorno di carcere. I legali di Smollett hanno subito annunciato ricorso in appello, tuttavia, al di là degli esiti futuri della sua vicenda giudiziaria, rimane da capire in che misura la sua condanna in primo grado possa danneggiare la causa LGBT+ nello star system.

È forse il primo mattone a crollare nell’apparentemente inscalfibile castello arcobaleno oppure soltanto un incidente di percorso negli ormai consolidati legami tra la lobby e il mondo hollywoodiano?

Tags: LGBT+/Gender
Luca Marcolivio

Luca Marcolivio

Giornalista professionista, Luca Marcolivio è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa Cristiani Today, collabora con La nuova Bussola Quotidiana, Pro Vita & Famiglia e con il blog del Centro Machiavelli. Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di Zenit. Ha pubblicato Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato e curato La società dell’allegria. Don Bosco raccontato dai salesiani del XXI Secolo

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