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Pedofilia online: così social e polizia insabbiano le indagini

Una piccola task force di volontari ha colto con le mani nel sacco Jeren Miles, dirigente di Facebook. L’azienda di Zuckerberg lo ha licenziato ma si è vendicata…

Luca Marcolivio di Luca Marcolivio
25/02/2022
in Famiglia, In evidenza
1.7k
Reading Time: 4 mins read
0
Predator Catchers Indianapolis

Image from Predator Catchers Indianapolis (Facebook)

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Facebook Meta è nei guai. Un suo dirigente di punta avrebbe fatto avance nei confronti del tredicenne «Corey». Jeren Miles, 35 anni, responsabile della gestione del data center per la multinazionale di Mark Zuckerberg, è accusato di aver inviato messaggi osceni a un ragazzo, con cui avrebbe poi concordato un appuntamento nella stanza di un hotel a Columbus, nell’Ohio. «Corey», in realtà, non esiste: è soltanto il nome fittizio di un account gestito da una piccola organizzazione di stanatori di pedofili, i «Predator Catchers Indianapolis».

La vicenda è stata ricostruita dal quotidiano britannico The Daily Mail. Un uomo e una donna della task force si sono presentati all’hotel, convincendo Miles a costituirsi, mentre diffondevano in streaming il loro dialogo su Facebook. Il dirigente è stato prontamente licenziato da Meta, che ha avviato un’indagine. L’uomo, però, non è stato arrestato, né, per il momento è accusato per alcun crimine. Miles ha ammesso di aver inviato i suoi messaggi lascivi, negando però l’intenzione di voler compiere atti di libidine sui minori.

Miles avrebbe iniziato a messaggiare in privato «Corey» il 22 novembre con un semplice: «Ehi, ci conosciamo?». Pur avendo l’utente rivelato un’età di soli tredici anni, il dirigente di Meta si è lanciato in una serie di affermazioni allusive verso l’interlocutore, dicendo persino di avere in mente di «cercare di mettersi in qualche guaio», come quello, appunto, di «aver parlato con un minore». Presa confidenza, Miles ha manifestato la voglia di riempire di «coccole dolci» il ragazzo, lasciandosi andare anche ad altre frasi più esplicite e inquietanti, come: «Non avrò alcun freno davanti a te, se lo faccio. Sono eccitato».

Dalle stelle alle stalle

Una volta smascherato Miles nell’hotel di Columbus, Eric Schmutte e Shanda Nolley, i due agenti di «Predator Catchers Indianapolis», lo hanno messo sotto torchio: «Quindi ti va bene parlare di sesso online finché non incontri i bambini?», gli ha domandato la Nolley. «Questa è l’unica volta che l’ho fatto», è stata la risposta del dirigente di Meta.

Pur avendo consegnato i messaggi osceni alla polizia di Columbus e a quella di Palm Springs, in California, dove Miles è residente, Schmutte e la Nolley non hanno ricevuto alcun riscontro dalle forze dell’ordine. Il portavoce della polizia di Palm Springs, Mike Casavan, ha dichiarato: «Non ci è stato segnalato nessuno con quel nome». La Nolley ha però condiviso lo screenshot di un’e-mail inviata alla polizia il 17 febbraio, alle 21. The Daily Mail ha richiesto un commento al dipartimento di polizia di Columbus, senza però ricevere risposta.

Nel frattempo, il giro di amici, vicini di casa e soci in affari stanno prendendo le distanze da Jeren Miles. Un uomo che ha aperto alla porta di una proprietà acquistata dal manager di Facebook nel 2019 ha affermato di non conoscere Miles e ha rifiutato di commentare ulteriormente.

I vicini affermano che Miles vive nella proprietà e la affitta ai turisti nei fine settimana. Un portavoce di Meta dichiara: «La gravità di queste accuse non è esagerata». Ha quindi confermato che Miles non lavora più per l’azienda di Zuckerberg e che ci sono indagini in corso, rifiutandosi, però, di aggiungere altri particolari.

Depistamenti sospetti

Intervistata da The Daily Mail, Shanda Nolley ha tratto un bilancio di due anni di attività della sua task force. Molti degli uomini da loro smascherati sono «recidivi», dice. Tra le persone finite in manette nei vari blitz di «Predator Catchers Indianapolis», figurano Brian J. Boyer, 40 anni, insegnante di una scuola superiore dell’Indiana. L’uomo è stato condannato per adescamento di minori dopo aver inviato messaggi sessualmente espliciti a quella che riteneva fosse una sua conterranea quattordicenne. Boyer ha in seguito patteggiato la pena di 18 mesi di reclusione e due anni e mezzo di libertà vigilata.

«Predator Catchers Indianapolis» è parte di «Predator Catchers Incorporated», registrato come onlus, finanziata esclusivamente da donazioni. I suoi operatori agiscono come volontari e la stessa Noelly lavora come manager finanziario di un’impresa edile.

Nell’operazione che ha smascherato Miles non tutto è andato per il verso giusto: Facebook ha infatti cancellato l’account di «Corey», che conteneva informazioni importanti su altri maniaci sessuali e pedofili. Come se non bastasse, il canale YouTube «Predator Catchers PA» ha già ricevuto due ammonizioni per violazioni dei termini di utilizzo. «Se riceveremo un altro avvertimento, ci cancelleranno il canale», lamenta la Noelly. «È difficile per noi trovare piattaforme in cui condividere queste informazioni. Stiamo cercando di educare le comunità e sensibilizzare su questo problema».

Fare del bene e gratuitamente non sempre suscita gratitudine. Anzi, in certi casi si ricevono solo bastonate. Quando, però, a mettere i bastoni tra le ruote sono due colossi dell’economia globale come Facebook (non nuova a operazioni poco trasparenti) e YouTube, c’è da essere preoccupati. Molto preoccupati.

Tags: PedofiliaStati Uniti d'America
Luca Marcolivio

Luca Marcolivio

Giornalista professionista, Luca Marcolivio è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa Cristiani Today, collabora con La nuova Bussola Quotidiana, Pro Vita & Famiglia e con il blog del Centro Machiavelli. Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di Zenit. Ha pubblicato Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato e curato La società dell’allegria. Don Bosco raccontato dai salesiani del XXI Secolo

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