I Brit Awards sono i premi musicali che la British Phonographic Industry conferisce annualmente agli artisti pop del Regno Unito. La cerimonia di quest’anno si è svolta l’8 febbraio con l’eliminazione della consueta suddivisione dei premi in categorie maschili e femminili a favore del generico «miglior artista dell’anno», e questo per celebrare «gli artisti esclusivamente per la musica e per il lavoro invece che per il modo in cui scelgono di identificarsi o gli altri li vedono, in ottemperanza all’impegno dei BRITs di portare lo spettacolo alla maggiore inclusività e rilevanza possibili».
Tutto pacifico, dunque. E invece no. Perché nessuno poteva immaginare che la lobby LGBT+ potesse offendersi per qualcuno che dicesse qualcosa di normale. Adele, per esempio, la superstar britannica che ha vinto con la migliore canzone dell’anno, con il migliore album dell’anno e come migliore artista dell’anno, la quale, nell’accettare il premio, ha detto: «Capisco il motivo per cui la dizione di questo premio sia cambiata, ma io amo davvero essere una donna ed essere un’artista donna! Sono sul serio orgogliosa di noi, davvero».
È bastato questo a scatenare il radicalismo transgender. Un attivista trans che si descrive come «femminista convinto» ha attaccato la cantante dandole della «TERF», cioè «femminista radicale trans-esclusiva», ossia l’insulto riservato alle donne che osino difendere la femminilità e per esempio dire che mai un maschio possa diventare femmina.
Un altro indignato speciale ha twittato surrealisticamente: «Chi avrebbe mai detto che #Adele fosse transfobica e potesse usare la ribalta per invocare la distruzione della comunità trans, in specie degli adolescenti confusi».
E però, in quest’epoca strana, accadono anche cose curiose, come il tweet della best-sellerista femminista Ohjali Raúf:
Debbie Hayton, giornalista e insegnante, ha difeso Adele sulle pagine del settimanale britannico The Spectator e così anche la famosa artista Birdy Rose, che già ha preso posizione pubblica contro l’andazzo dei maschi trans che pretendono di gareggiare nelle competizioni sportive femminili.
È stata però Gina Florio su Evie Magazine a riassumere al meglio questa non-questione: «Soltanto in una società al contrario, dove in un accesso di follia il genere è stato marginalizzato, si può vedere un’artista donna sotto tiro per avere semplicemente dichiarato: “Amo essere una donna”. Adele non ha ancora risposto a nessuna delle polemiche, ma speriamo che non lo faccia mai, perché in fin dei conti si tratta di un non-problema che non merita nemmeno un minuto della sua attenzione. Adele è un’artista donna, punto e basta. E non c’è assolutamente nulla di sbagliato nell’esserlo e nell’apprezzarlo».
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