Verona vuole un sindaco dei muri portanti

I muri importanti dell’edificio umano, morale, sociale, culturale, politico, sono i princìpi non negoziabili. Perché il vescovo e tutti non dovrebbero preoccuparsene?

Mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona

Mons. Giuseppe Zenti, vescovo di Verona

Talora il muratore ci dice che non possiamo affatto allargare il locale cucina come nostra moglie vorrebbe perché la modifica che avremmo in mente toccherebbe al cuore i muri portanti, abbattendo l’intera casa. Altre volte, invece, la sognata modifica del bagnetto di servizio la possiamo fare perché interessa un tramezzo (un elemento divisorio interno della casa, non portante) o una tamponatura (un elemento che divide l’interno dall’esterno, e che pure non porta peso).

I muri portanti dell’edificio umano (morale, sociale, culturale, politico) sono i princìpi non negoziabili, mentre i tramezzi e le tamponature sono le questioni opinabili, secondo una divisione chiarissima già nel secolo V a.C. a Platone (428/427-348/347 a.C.), che distingue fra ἐπιστήμη, epistème, la conoscenza veritativa delle cose in sé, ἐμπειρία, empirìa, la capacità operativa (per esempio di spostare tramezzo e tamponatura lasciando perdere i muri portanti, mediante τέχνη, téchne, «arte e capacità di fare») e δόξα, doxa, «opinione», «credenza».

Il fatto che i muri portanti dei princìpi non negoziabili non si tocchino come un tabù non significa che i tramezzi e le tamponature di dossier più opinabili siano acqua fresca. I dossier più opinabili sono infatti valori: si calcolano in base al gold standard dei princìpi non negoziabili. Quindi valgono di più o di meno per la relazione che hanno con i princìpi.

I princìpi non negoziabili non hanno un ordine di priorità. Quando si parla o si scrive, per forza si è costretti a metterli in fila secondo un prima e un dopo, ma è una coda solo di comodo, perché i princìpi non negoziabili si pongono esattamente come quella che, nell’ambito dell’«Intelligent Design», si chiama «complessità irriducibile»: un sistema il cui funzionamento dipende dall’interazione di molte parti assieme, tutte indispensabili, che quindi non possono che porsi tutte assieme e subito.

I dossier più opinabili, invece, hanno una gerarchia, dettata proprio dall’ordine di priorità, preminenza e importanza che assumono rispetto ai princìpi che danno loro valore: valore alto, medio o basso, secondo una scala dai pioli innumerevoli.

L’autorità (umana, morale, sociale, culturale, politica) è veramente tale quando richiama l’intangibilità dei muri portanti dell’edificio sociale, lasciando a chi a essa guarda la libertà di giudicare i dossier opinabili per dare loro il giusto valore secondo una gerarchia, cioè uno schema ordinato a una meta. Quindi i dossier opinabili non sono tutti uguali: alcuni sono più rilevanti, altri meno.

Se i princìpi non negoziabili sono i muri portanti dell’edificio sociale, tutti dovrebbero averli a cuore. Chiunque dovrebbe essere allarmato quando vengono offesi dal mazzotto del muratore incauto o fedifrago. Qualunque cittadino deve farsi autorità nell’indicarli come intangibili a sé e a tutti gli altri.

Perché mai allora una persona che risponde al nome di Giuseppe Zenti e svolge la funzione di vescovo di Verona non dovrebbe erigersi ad autorità nell’indicare i muri portanti che ogni iscritto nelle liste elettorali di Verona deve guardare bene dal nemmeno sfiorare con una rosa, figuriamoci con il mazzotto, quando metterà la propria X sulla scheda utile all’elezione del prossimo sindaco della città scaligera domenica 26 giugno?

Perché mons. Zenti non dovrebbe potere scrivere una lettera, come ha fatto, per ricordare agli elettori veronesi di votare per il prossimo sindaco discernendo fra i candidati disponibili a seconda di «quali sensibilità e attenzioni sono riservate alla famiglia voluta da Dio e non alterata dall’ideologia del gender, al tema dell’aborto e dell’eutanasia»?

Non solo dovrebbe, ma deve, e bene ha fatto a farlo. Dovrebbero farlo tutti. Tutti debbono sviscerare come i candidati sindaci la pensino sui muri portanti dell’edificio sociale veronese e votare di conseguenza. Perché se su alcuni dossier opinabili si può essere lecitamente in disaccordo persino con chi si sceglie di votare, chi merita di essere votato, a Verona e altrove, il 26 giugno e sempre, è chi ripone rosa e mazzotto davanti ai muri portanti della città umana. Il resto sono solo chiacchiere senza distintivo. E se la lettera di mons. Zenti fosse disponibile sul sito della diocesi di Verona, nello spazio dedicato proprio a monsignore, nella sottocategoria Lettere, omelie, discorsi, sarebbe ottimo…

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