Last updated on Maggio 26th, 2020 at 04:01 am
Il 18 maggio John Barsa, l’amministratore pro tempore dell’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale (USAID), ha comunicato ufficialmente al Segretario generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), António Guterres, l’invito a smettere di considerare l’aborto un aiuto umanitario “essenziale” durante la pandemia di CoViD-19. La lettera non ha precedenti nella critica diretta alle politiche di promozione dell’interruzione volontaria della gravidanza implementate dalla burocrazia dell’ONU sotto la parvenza di aiuti umanitari.
Che l’ONU promuova l’aborto con convinzione e ostinazione sfruttando la situazione determinata dalla pandemia non è una novità, ma ora Barsha prende la questione di petto accusando Guterres di «avere messo cinicamente la fornitura di “servizi di salute sessuale e riproduttiva” allo stesso livello del fabbisogno alimentare, delle necessità sanitarie essenziali, della malnutrizione, nonché della carenza di alloggi e di misure igienico-sanitarie».
La lettera, tanto chiara quanto dura, ricorda del resto come «le Nazioni Unite non debbano intimidire o costringere gli Stati membri che si sono impegnati a far valere il diritto alla vita», né «usare la pandemia del CoViD-19 come giustificazione per spingere i governi del mondo a modificare le proprie legislazioni in materia», giacché «si tratta di un affronto all’autonomia decisionale delle nazioni in materia di assistenza sanitaria». Da qui la richiesta precisa di «eliminare l’aborto dalle priorità essenziali che le Nazioni Unite mettono in campo per rispondere alla pandemia».
Il documento incrocia la lama quindi anche con il Piano di risposta umanitaria globale delle Nazioni Unite per la pandemia di CoViD-19 che Guterres ha pubblicato in marzo e all’appello che ha permesso all’ONU di raccogliere 7 miliardi di dollari statunitensi per finanziarlo. «Le Nazioni Unite», scrive Barsha, «non devono usare questa crisi come un’opportunità per promuovere l’accesso all’aborto inteso come servizio essenziale» attraverso farmaci che inducono la morte dei bimbi nel ventre delle proprie madri. Piuttosto «le Nazioni Unite debbono concentrarsi sugli “interventi salvavita” e sui “bisogni più urgenti e concreti”», per esempio di natura autenticamente sanitaria o alimentare. Insomma, le diverse agenzie dell’ONU debbono esprimersi, aggiunge l’amministratore dello USAID, con «linguaggio chiaro e intraprendere azioni chiare per rispondere ai bisogni reali delle persone più vulnerabili del mondo senza promuovere l’aborto». Ogni anno gli Stati Uniti d’America contribuiscono al bilancio dell’ONU con 3,5 miliardi di dollari: non fosse che per questo Guterres farà certamente meglio ad ascoltare le raccomandazioni di Barsha. Dal canto proprio, invece, l’Italia e diversi Paesi europei hanno sottoscritto una lettera ufficiale di appoggio incondizionato al “Piano ONU” che per salvare vite dalla pandemia sponsorizza aborto e contraccezione. Un cortocircuito totale.