In Uruguay la battaglia sul «fine vita» entra nel vivo

I medici non prendono posizione sull’eutanasia. Il partito del presidente, intanto, si oppone alla deriva di morte

Eutanasia

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L’Uruguay potrebbe diventare, dopo la Colombia, il primo Paese iberoamericano a legalizzare l’eutanasia. La discussione nel parlamento di Montevideo è iniziata la settimana scorsa. In realtà si tratta di un disegno di legge presentato per la prima volta nel marzo 2020, ma rimasto fermo a causa dell’emergenza pandemica.

Il progetto di legge, il cui primo proponente è il deputato del Partido Colorado all’opposizione, Ope Pasquet, comprende sia l’eutanasia sia il cosiddetto «suicidio assistito». Ora sono in calendario le audizioni preliminari degli esperti, cui seguirà la discussione in parlamento.

Parlamento diviso

Secondo fonti giornalistiche uruguayane, la strada per l’approvazione si prospetterebbe tutta in discesa, nel caso in cui il Partido Colorado e il Frente Amplio riuscissero a trovare un accordo. Non mancano, comunque, forze politiche del tutto contrarie a legislazioni eutanasiche: a marcare l’orientamento più pro-life all’interno dell’assemblea legislativa è il Partito Nazionale (PN) del presidente Luis Lacalle Pou. Il deputato Rodrigo Goñi del PN ha incontrato la scorsa settimana le autorità del Colegio médico per suggerire una richiesta formale di rinvio del progetto di legge.

La bozza prevede, tra le altre cose, l’abrogazione dell’articolo del Codice Etico Medico, che condanna l’eutanasia attiva come «l’azione o l’omissione che accelera o provoca la morte di un paziente», in quanto contraria alla deontologia. Un cambiamento che, secondo Goñi, equivale a un «oltraggio istituzionale». Da parte propria il presidente del Colegio Médico, Lucía Delgado dichiara che non ci sarà alcun posizionamento ufficiale dei medici uruguayani, «né a favore né contro» l’eutanasia.

La posizione della Chiesa Cattolica

Totalmente contrario a qualunque legalizzazione dell’eutanasia è anche l’episcopato locale. Il cardinale arcivescovo di Montevideo, mons. Daniel Sturla Berhouet, afferma che «sarebbe una grande delusione se la legge sull’eutanasia facesse concreti progressi». Il porporato rifiuta gli approcci manichei, per cui da una parte politica ci sarebbero «i buoni» e, dall’altra, «i cattivi», tuttavia non fa marcia indietro rispetto alla sua dichiarazione di alcuni mesi fa al quotidiano El País. «Credo che le persone vadano accompagnate a una morte dignitosa» che avvenga «senza soffrire» ma anche «senza uccidere» nessuno, aveva detto il cardinale Sturla.

L’arcivescovo di Montevideo richiama l’attenzione anche sul concetto di «sofferenza intollerabile» menzionato dal progetto di legge. «Non sono un medico ma, da sacerdote, ho preso atto che la sofferenza più grande è quella psicologica e spirituale. La sofferenza fisica è grande, ma la depressione comporta una sofferenza più tremenda». «Ho accompagnato persone a morire in pace e alcune di loro muoiono anche felici». Al tempo stesso, conclude il cardinale Sturla, vi sono «persone giovani, in perfetta salute fisica, che godono di tutti i comfort e che, tuttavia, vogliono morire».

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