Joe Manchin, eroe Democratico, ferma l’aborto in Senato

Decisivo il voto contrario del senatore sul «Women’s Health Protection Act», che avrebbe liberalizzato le pratiche più atroci

Joe Manchin

Il senatore Joe Manchin, del Partito Democratico

Niente aborto negli Stati Uniti d’America nemmeno sotto la guida di Joe Biden. Mentre la sentenza che nel 1973 chiuse il caso Roe vs. Wade dichiarando l’aborto non-illegale a livello federale si ritrova sotto la spada di Damocle del nuovo atteso pronunciamento della Corte Suprema, un nuovo colpo duro alla «cultura di morte» arriva dal Congresso.

Il progetto di legge Women’s Health Protection Act, che avrebbe liberalizzato ulteriormente l’aborto in tutto il Paese, è stato bocciato in Senato per un solo voto, dopo essere passato alla Camera ins eettembre. Il franco tiratore è il senatore Joe Manchin, unico eletto del Partito Democratico a votare contro.

Il Women’s Health Protection Act, quindi, non passa per un solo voto: 51 a 49. Nel Senato federale vige oggi totale parità tra Democratici e Repubblicani. Il voto del senatore Manchin ha quindi mandato gambe all’aria il sogno superabortista dei compagni di partito.

Manchin ha fatto orecchie da mercante al severo monito del capo della sua delegazione, Chuck Schumer, che ieri aveva proclamato: «Il popolo degli Stati Uniti ci guarda. L’opinione pubblica non dimenticherà come oggi i senatori voteranno». Schumer aveva poi rincarato la dose, lanciando l’allarme sull’ormai prossima sentenza della Corte Suprema: «Oggi sarà il turno della Roe vs Wade, domani potrebbe essere il momento del divieto dell’aborto a livello nazionale».

Contrarietà trasversale

Nel respingere il Women’s Health Protection Act i Repubblicani si sono mostrati più che mai compatti. Persino le senatrici Susan Collins e Lisa Murkowoski, note “mele marce” in un parito solidamente pro-life, hanno ritenuto il progetto di legge troppo liberal.

La Murkowski e la Collins hanno quindi proposto un testo meno radicale per impedire ai singoli Stati dell’Unione di imporre «oneri indebiti» a chi cerca di di abortire, ma i filoabortisti affermano che la proposta non solo non riesce a preservare lo status quo, ma pure «di fatto indebolisce le protezioni che la legge attuale garantisce».

Già a fine febbraio Manchin si era dissociato dal resto dei senatori Democratici a fronte di una prima bozza del Women’s Health Protection Act che in Aula necessitava di sessanta voti per superare l’ostruzionismo, pur comunque esprimendosi a favore di una codificazioen ion legge congresuale della sentenza Roe vs. Wade .

Sventato l’aborto eugenetico

Tra le prerogative della proposta di legge respinta c’era l’alt alle «visite non necessarie sul piano medico» per le pazienti intenzionate ad abortire e il divieto di chiedere alle donne il motivo per cui vorrebbero abortire. E sarebbe stata proibita persino ogni altra legge statale o federale che imponesse limiti all’accesso ai servizi abortivi.

Il Women’s Health Protection avrebbe del resto permesso l’aborto anche oltre la soglia in cui un bimbo nato prematuro è in grado di vivere da sé al di fuori del grembo materno e non richiesto la nescessitè di ecografie, anche quando queste sono la prassi standard per stabilire l’età fetale, proprio perché l’ecografia mostra la perfetta umanità del bimbo nel ventre materno e più volte è servita a far cambiare idea anche all’abortista o al filoabortista più incallito. Il disegno di legge avrebbe infine eliminato i periodi obbligatori di attesa prima di eseguire un aborto, il consenso informato, e diverse altre norme di salute e di sicurezza.

Se fosse passato, il progetto di legge benemeritamente fermato grazie a Manchin avrebbe tutelato anche gli aborti farmacologici coordinati via webcam e liberalizzato quelli performati sulla base della razza, del sesso e dell’eventuale disabilità del bambino. Consetendo le tecniche di soppressione anche più estreme, quali la dilatazione-evacuazione, procedura che letteralmente sembra il feto.

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