Silenzio, ora, per Samantha

Lasciamoli andare, quando è il loro momento non deciso né da noi né da loro. Dal concepimento alla morte naturale non è una frescaccia, e le terapie palliative servano sempre per alleviare il dolore

Silenzio

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Silenzio, adesso.

Sabato mattina Samantha D’Inca, 30 anni, di Belluno, è morta. Silenzio. Taceremo anche noi, dopo avere vergato queste poche parole, che vogliono essere soltanto un richiamo alla realtà: ancora una volta foglie verdi in estate. Vogliamo essere gli ultimi, e poi basta. Silenzio, raccolto.

Samantha un giorno è caduta, fratturandosi un femore. In ospedale è stata operata e, dopo l’intervento, ha contratto un’infezione che l’ha costretta, dal 4 dicembre 2020, allo stato vegetativo.

Qualche tempo fa la famiglia ha chiesto di porre termine alla sua vita, sostenendo che così Samantha avrebbe voluto. Ma, oltre ai verbi al condizionale, non vi era nulla che lo attestasse, e così anche volendo (Dio non voglia), anche se la legge lo consente, anche se la prassi lo benedice, Samantha non è stata uccisa perché sono mancate le condizioni stesse previste dalla legge. Samantha ha dunque vissuto, ancora, quella sua vita diversa (ma tutte le vite sono diverse le une dalle altre) fino a sabato mattina quando la vita in lei è cessata.

Le sue condizioni si sono infatti aggravate e la vita l’ha lasciata. La vita di Samantha ha cioè continuato altrove. Ogni intervento ulteriore sarebbe stato accanimento, ingiusto al pari dell’ucciderla. Così la natura ha fatto il proprio corso e la vita si è trasformata nella morte. Rubo una frase al bellissimo sceneggiato RAI Doc. Nelle tue mani, la rubo dall’ultima puntata della seconda stagione trasmessa giovedì scorso, una frase laica e religiosa assieme: «I virus ci fanno soffrire anche in modo atroce, ma non è mai un dolore senza senso. Ci hanno reso quello che siamo e io davanti a me vedo persone meravigliose. Quindi, non importa cosa ci porterà il futuro perché la vita è fatta di mutazioni, la morte è una vita mutata e l’unica cosa certa è che non dobbiamo avere paura»

La morte è una vita mutata. Chiunque ora adesso aggiunga anche solo una parola sbaglia.

Noi ci inchiniamo alla vita così come alla morte. Un caro amico, in condizioni terminali, un giorno disse: «…lasciatemi andare…». Lasciamoli andare, quanto è il loro momento non deciso né da noi né da loro. La vita faccia il suo corso, la morte pure. Dal concepimento alla morte naturale non è una frescaccia, e le terapie palliative servano sempre per alleviare il dolore, benedetta la chimica, che avvicina dolcemente a Dio, perché il medico cura sempre, corpi, anime, spirito, volontà, come tutti noi, anche quando la vita e la morte ci sovrastano e non siamo in capaci, non è in nostro potere guarire.

Non sia nemmeno allora mai in nostro potere ammazzare. L’eutanasia è sempre un delitto, ogni omicidio del consenziente lo è, ogni suicidio assistito lo è. Non accada mai nel nostro Paese. Samantha, nunc dimittis

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