Last updated on aprile 21st, 2021 at 06:12 am
Uno gli è affezionato perché trova prodotti buoni, o perché non riesce a staccarsi da Falce e carrello, o perché è una grande azienda che sa coniugare profitto e bene comune senza minimamente pensare che debbano essere intrinsecamente nemici. Fatto sta che si finisce per favorire Esselunga anche quando Esselunga svolge solo un ruolo passivo in una meritoria opera di grande bene sociale. Quella, per esempio, che ha messo 13400 euro nelle tasche dei Centri di aiuto alla vita del Movimento per la vita italiano con sforzo zero, impatto zero, altro che chilometro zero e con le chiacchiere che stanno a zero.
I clienti Esselunga sanno, e gli altri qui adesso imparano, che esiste una tessera fedeltà, la «Fidaty», su cui si accumulano punti man mano che si fa la spesa: più si spende, più si accumula. Un invito a spendere, ovvio (l’Esselunga statutariamente vende e deve fare profitto), ma al contempo un riconoscimento alle persone migliore di qualsiasi cashback guardone e controllone. Con i punti immagazzinati (meglio che «accumulati» stile drago Smaug, dato che i cumuli sono sterili, mentre gli immagazzinamenti costituiscono riserva e investimento, ovvero sono fecondità) si possono poi acquistare, in parte o in toto, certi beni da un certo catalogo, oppure scontarli dalla spesa. I punti hanno scadenza ciclica, altro invito a spendere (sempre perché l’Esselunga statutariamente vende e deve far profitto), ma sempre con lo stesso meccanismo di ritorno.
L’ultima scadenza è stata l’11 aprile. Occorreva che, prima di quella data, un tesserato Fidaty impiegasse tutti i punti fecondamente immagazzinati per non vanificarli, pronto l’indomani a ricominciare nuova conta e nuovo immagazzinamento.
Ora, in prossimità di scadenza è nata l’idea di chiedere ai possessori di carte Fidaty di indirizzare ai CAV di Monza i punti che, per una ragione o per l’altra, non si riusciva a consumare per tempo, o persino, positivamente, di donare parte del proprio gruzzolo ad azione benefica. E i brianzoli hanno così racimolato in un mese e quindi donato un tesoretto che verrà utilizzato per comprare materiale per mamme e neonati in difficoltà, finalmente save the children per davvero. E non solo Monza ha detto «adsum», ma pure una pletora di comuni limitrofi, da Brescia fino al Veneto.
Ed Esselunga? Come le stelle, è stata a guardare. Impassibile di neutralmente, benedettamente complice impassibilità, mica era infatti iniziativa sua. Ha lasciato fare, laissez-faire, la genialità dell’umano che non conosce sosta. Senza metter becco, senza chiamarsi fuori, senza pensare di ledere la presunta maestà abortista sancita dalla vigente italica legislazione. Una bella storia. Che sicuramente saprà farsi contagiosa. Del resto l’idea è stata già utilizzata per altre iniziative analoghe.
Ora, Esselunga è al confino solo in alcune regioni settentrionali dello Stivale, ma è certo che altre regioni conoscano altre strutture per prendere a calci il disfattismo e la «cultura di morte» con così infimo sforzo. Avanti, fratelli e sorelle d’Italia, la sfida a chi la fa più grossa è aperta.