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Sant’Antonio abate (251-356) ricorre il 17 gennaio. È rappresentato nell’iconografia tradizionale con ai piedi un maialino, simbolo di tutti gli animali della fattoria e del patrimonio delle famiglie contadine di un tempo, che al santo veniva consacrato affinché fornisse protezione e pertanto prosperità per genitori e nonni, figli, zii, nipoti.
In alcune zone d’Italia, per esempio nei dintorni di Crema, in provincia di Cremona, fino a una cinquantina d’anni fa il 17 gennaio era perciò il giorno della benedizione del sale, altro elemento prezioso per l’economia domestica di un tempo, che consentiva la conservazione della carne e di altri alimenti in epoche in cui non esistevano frigoriferi ma neppure ghiacciaie.
L’immagine tipica di sant’Antonio lo ritrae munito di un bastone a forma di T con appeso un campanello, simbolo delle facoltà divinatorie per cui era tra l’altro invocato: «Sant’Antonio dalla barba bianca, fammi trovare quello che mi manca», mormoravano un tempo gli abitanti per esempio di Bergamo, ma anche di Piacenza e della sua provincia, cercando gli oggetti smarriti.
Ma sant’Antonio era ancor più generoso, ragion per cui lo invocavano anche le ragazze da marito, alla ricerca di quello che gergalmente era (e talvolta è ancora) chiamato “il moroso”, cioè il fidanzato.
Un santo tutto dedito alla famiglia, insomma, fondata e stabilita e bisognosa di protezione per le necessità pratiche del sostentamento, oppure nascente, in nuce, nel cuore di una ragazza.