Quel colonialismo che ancora schiaccia i popoli africani

In Kenya ricche organizzazioni internazionali sostengono una legge sull’aborto in discussione in Senato. Ma il popolo è contrario

Nairobi National Park

Nairobi National Park - Image from Flickr

Last updated on Agosto 11th, 2020 at 03:26 am

Non solo drappelli di giovani esagitati, persino qualche intellettuale, qui in Occidente, giustifica lo sfregio delle statue o la loro rimozione. E lo fa in nome di un ripudio nei confronti di razzismo e colonialismo. Tuttavia, laggiù in Africa, piuttosto che applaudire a una presunta solidarietà dei novelli iconoclasti, c’è chi denuncia un «colonialismo ideologico» che ancora schiaccia cultura e popoli autoctoni.

L’aborto in Kenya

È il caso di Ella Duru, un’attivista pro-life keniana, la quale ha denunciato a RightToLife «lo sfacciato tentativo da parte di organizzazioni occidentali di imporre l’aborto in Kenya, per qualsiasi motivo, fino alla nascita». Il testo di legge cui fa riferimento, effettivamente sostenuto dal colosso abortista Planned Parenthood ma anche da Amnesty International, è in discussione in Senato ed è già stato approvato in seconda lettura; manca una terza approvazione e poi passerà alla Camera bassa.

Oggi nel Paese africano l’aborto non è consentito, come recita il comma 4 articolo 26 della Costituzione, a meno che, «a giudizio di un operatore sanitario qualificato», non sia in pericolo la vita della madre. Il disegno di legge prevede, invece, di estendere la possibilità (senza far riferimento a un limite gestazionale, così da agitare lo spettro dell’aborto fino al nono mese di gravidanza) laddove esista «il rischio sostanziale che il feto soffra di una grave anomalia fisica o mentale incompatibile con la vita fuori dal grembo materno».

L’opposizione dei cattolici…

Il passaggio in questione vorrebbe affermare ‒ denunciano in una lettera i membri cattolici del parlamento del Kenya ‒ «che le persone con disabilità non dovrebbero avere diritto alla vita». Il presidente di questo gruppo interparlamentare, Chris Wamalwa, annuncia: «Non permetteremo che tale ddl venga approvato, perché esso si basa su un’ideologia sulla salute che è in contrasto con la Costituzione e con i valori nazionali, culturali e religiosi» del Kenya. Il deputato sottolinea, inoltre, il tentativo della legge di introdurre l’educazione sessuale nelle scuole, finalizzata a «sessualizzare i bambini».

Sulla stessa lunghezza d’onda i vescovi del Paese, i quali hanno pubblicato una missiva firmata dal presidente della conferenza episcopale, mons. Philip Anyolo, in cui si denuncia la formulazione del ddl «deliberatamente ambigua». I presuli puntano l’indice nei confronti di «diritti e salute riproduttivi», espressione edulcorata che nasconde invece l’intento di normare «pratiche malsane».

…e di tutto il popolo kenyano

L’idea sull’aborto dei cattolici (circa il 25% della popolazione) è diffusamente condivisa. Un sondaggio attesta che l’87% dei cittadini è contrario alla pratica dell’aborto. Un dato che rende lontana dalla volontà popolare una simile legge. Ann Kioko, direttrice delle campagne di CitizenGo in Africa, ha lanciato una petizione contro il ddl che ha raccolto oltre 26mila firme. La Kioko spiega alle organizzazioni internazionali che le donne africane hanno bisogno di centri sanitari attrezzati, buone scuole, vestiti, cibo e corrente elettrica. Non di aborto. Per ora il suo appello cade nel vuoto. Ella Duru ricorda, infatti, che «ricchi donatori occidentali continuano a sfruttare il loro privilegio e la loro posizione per offrire “servizi” di aborto e pianificazione familiare contrari ai valori “pro vita” della grande maggioranza degli africani». Ecco a cosa fa riferimento quando parla di «colonialismo ideologico».

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