Negli Stati Uniti acquistare un prodotto per la cura della barba piuttosto che un altro può diventare una scelta politica. Nello specifico, acquistare un prodotto Jeremy’s Razors anziché un Harry’s Razors può significare combattere la cancel culture e la degenerazione woke.
Stop alla pubblicità
Andiamo con ordine. Fino a qualche tempo fa l’azienda statunitense di prodotti per l’igiene maschile (lamette, creme da barba, e così via) Harry’s Razors comperava spazi pubblicitari sul portale conservatore Daily Wire. Tuttavia un giorno, in modo inaspettato, la Harry’s Razors ha deciso di ritirare le inserzioni, comunicandolo pubblicamente e senza avvertire prima il “Daily”. La ragione? Un utente anonimo, su Twitter, si è lamentato di alcune opinioni espresse sul portale Daily Wire, considerate offensive nei confronti delle eprsone LGBT+.
La reazione
Il Daily Wire ha però deciso di passare al contrattacco: con una massiccia e mirata campagna pubblicitaria ha creato Jeremy’s Razors, una nuova compagnia nata proprio per fare concorrenza alla Harry’s. Il nome è mutuato da Jeremy Boreing, co-fondatore e amministratore delegato di Daily Wire. Alessandro Amorese, anch’egli editore, a capo della Eclettica Edizioni, benché italiano, commenta a «iFamNews» la scelta del “Daily”: «Jeremy ha subito dichiarato che non si sarebbe “umiliato”, che non avrebbe cambiato posizioni per assecondare le “sciocchezze woke” di alcune aziende».
Marketing politicamente scorretto
Amorese racconta che «la nuova company è contemporaneamente un business, che pare iniziato con il verso giusto, e una risposta culturale all’ideologia woke e alla cancel culture». Infatti, prosegue l’editore italiano, «il lancio di Jeremy’s Razors, con tanto di manifesti pubblicitari affissi davanti al quartier generale di Harry’s a New York, è anche un manifesto politicamente scorretto: a partire dal sito, ihateharrys.com, che non lascia spazio a equivoci, ma soprattutto dal video (milioni di visualizzazioni) che vede Boreing in versione “re-Dio” arrivare alla sede del “Daily” con una McLaren che per poco non investe un uomo, entra con una certa sfrontatezza e viene accolto soprattutto da due belle ragazze, dando poi alle fiamme alcuni rasoi (ovviamente targati Gillette e Harry’s)». Amorese evidenzia che, «al di là di una certa “pacchianaggine”, volutamente accentuata, è il messaggio che interessa, non solo per i tratti evidenti che qualcuno definirebbe machisti, sessisti, violenti e non inclusivi, ma anche e soprattutto perché il progetto di marketing si rivolge alla metà del Paese (ma forse andare oltre) non woke».
Dividere in due l’economia
In un video Jeremy Boering spiega che le aziende che ai auto-assegnano un’etichetta ideologica sono convinte «che questo non comporterà conseguenze economiche, perché le aziende sanno quello che so io: ci sono milioni di persone (di clienti) che hanno ancora bisogno dei loro beni e dei loro servizi». Di qui la proposta: «Quindi, per vincere, dobbiamo strappare in due l’economia. Dobbiamo dare ai conservatori le loro aziende e i loro prodotti da acquistare. Dobbiamo costruire vere alternative di mercato, che, in caso di successo, costringeranno la Sinistra a subire perdite reali».
Esempio per l’Italia
Amorese sottolinea però la tiepidezza che questi temi hanno in Europa. Qui «non abbiamo ancora compreso la portata di una battaglia che è politica, culturale, sociale e che, come dimostra la vicenda del “Daily”, può e deve essere trasformata in una opportunità commerciale».
«L’azione decisa del Daily Wire», rivleva quinid l’editore italiano, «va anche oltre: la testata ha infatti lanciato il canale di cartoni animati Daily Wire Kids, in netta concorrenza con Disney e con Netflix, per controbilancia l’offensiva». Ottimo esempio, dice Amorese, e «questo deve spingere anche l’Italia a un salto di qualità che superi la semplice lamentela».