Privilegi UE per gli LGBT+ discriminando gli eterosessuali

Progetti, strategie, patrocini, finanziamenti. Con lo zampino di Soros

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Last updated on Giugno 30th, 2020 at 06:34 am

L’unica cosa chiara nelle istituzioni europee tra CoViD-19 e discussione sul Recovery Fund è la volontà di costruire una nuova cultura condivisa al cui centro ci siano i “diritti LGBT+”. Così, però, il caposaldo dello Stato di diritto, secondo cui ogni cittadino è uguale davanti alla legge, ovvero “né pregiudizio, né privilegio”, semplicemente evapora. Questa, che dapprima era una sensazione, si è via via tramutata in certezza nei giorni scorsi, quando è diventato palese che «non c’è posto per sentimenti e convinzioni anti-LGBT+ in Europa». Questo non è solo il titolo di un lucido articolo, pubblicato sul quotidiano telematico Politico.eu, ma è de facto anche il motto che unisce i governi di Germania, Francia e Repubblica Ceca, i cui rappresentanti hanno sottoscritto un lungo manifesto volto a ridisegnare il volto dell’Unione Europea.

Il Segretario di Stato francese agli Affari europei, Amélie de Montchalin, il ministro tedesco per l’Europa, Michael Roth, e il viceministro ceco per l’Europa, Aleš Chmelař, affermano infatti: «In Europa si è assistito ad attacchi contro le marce dell’orgoglio omosessuale, a istituzioni di “zone libere dall’ideologia LGBT+” e a leggi che, fra l’altro, negano il riconoscimento giuridico e alcuni diritti alle persone transgender». Per questo «condanniamo fermamente tutte le decisioni che escludono e che discriminano, criticando fortemente la diminuzione del diritto all’uguaglianza e dei diritti umani, quali per esempio negare il riconoscimento giuridico di quella identità di genere che nel tempo può cambiare».

In questo modo i tre ministri ribadiscono la comune determinazione a promuovere i diritti LGBT+ soprattutto «nel contesto della pandemia di CoViD-19, che sta esercitando ulteriore pressione sulla condizione delle persone LGBT+, spesso tra le più emarginate ed escluse. Germania, Francia e Repubblica Ceca sostengono fermamente la dichiarazione congiunta della Equal Right Coalition [ERC] che invita tutti i governi ad attivarsi per limitare le ripercussioni della pandemia di CoVId-19 sulle persone emarginate in base all’orientamento sessuale, all’identità o all’espressione di genere o a caratteristiche sessuali».

La «strategia per l’ugugalianza»

Il documento dell’ERC specifica l’urgenza di introdurre privilegi per le persone LGBT+, necessari, questi, ancora più durante la pandemia, ed invita «[…] tutti i governi a garantire che le misure adottate per combattere il CoViD-19 considerino l’impatto che queste specificamente hanno sulle persone LGBT+», chiedendo «[…] inoltre a tutti i governi di garantire che ogni misura relativa alla pandemia, comprese quelle che riguardano l’assistenza sanitaria, la diffusione di informazioni, il reperimento di alloggio e il sostegno economico e finanziario, tengano conto delle esigenze delle persone LGBT+ in modo proattivo e non discriminatorio» per rispondere «[…] ai bisogni specifici delle comunità emarginate, quali le persone LGBT+, coinvolgendo le organizzazioni» LGBT+.

Ora, non si tratta, a questo punto, di privilegi che discriminano le persone eterosessuali?

Il documento dell’ERC è sottoscritto da 28 Paesi, tra cui Austria, Belgio, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia. Francia, Germania e Repubblica Ceca, che, alternandosi nel 2020 e 2021 alla presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio di Europa, ribadiscono l’impegno «a combattere ogni forma di discriminazione, anche nei confronti delle persone LGBT+, in attesa impaziente che la Commissione Europea [CE] formuli, nei prossimi mesi, una strategia per promuovere l’uguaglianza LGBT+ nella UE».

Enter Open Society

Ma c’è di più.  La CE, per bocca del Commissario per l’Eguaglianza dei cittadini europei, Helena Dalli, ha annunciato sostegno istituzionale alle iniziative globali per le celebrazioni del Global Gay Pride di domani, 27 giugno. «C’è ancora molto da fare», dice la Dalli, il cui impegno per garantire privilegi alle persone LGBT+ è da sempre la sua carta d’identità politica. La pandemia, dice il Commissario, ha «[…] esacerbato le realtà, la discriminazione, le disuguaglianze delle persone LGBT+» ed è per questo che la CE interverrà positivamente, pubblicando entro fine anno la propria prima strategia per l’uguaglianza.

«I giovani vengono confinati in famiglie con persone omofobe», dice la Dalli, fattore che ha inciso sull’aumento dei senzatetto.

Intanto procede la preparazione di una norma contro l’hate speech da includere nel Digital Service Act e a cui sta lavorando il Commissario europeo ai valori e alla trasparenza, Vera Jurova. Da Commissario europea per la giustizia e l’uguaglianza di genere, incarico che ha ricoperto dal 2014 al 2019, la Jurova ha pubblicato il Manuale europeo contro le discriminazioni LGBT+ ed è facile immaginare gli esiti censori e la diffusa violazione dei diritti umani e della libertà di pensiero, parola, manifestazione, educazione, matrimonio, religione che potrebbe derivare dal combinato disposto tra il Piano europeo per gli LGBT+ e il Piano digitale contro l’hate speech. E in tutto ciò chi spunta? L’Open Society European Policy Institute (OSEPI) di George Soros, ovviamente. Dei 54 incontri in otto anni (quasi un a quadrimestre) organizzati dai suoi dirigenti, 7 hanno previsto confronti con la Jurova (2014-2020), 2 con la Dalli (marzo e aprile 2020) e 5 con i direttori generali dei dipartimenti di loro competenza. Se le forze di Soros dedicano il 25% del proprio impegno europeo a discutere temi di competenza delle Commissarie Dalli e Jurova, la “società aperta” che si sta apparecchiando a Bruxelles si annuncia già chiusa.

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