Portogallo, i Comunisti contro l’eutanasia

E intanto i pro lifer superano il quorum per un eventuale referendum abrogativo

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Last updated on marzo 29th, 2020 at 10:26 am

I Comunisti portoghesi sono da sempre originali. Per loro “gli ultimi”, “i poveri” e “gli emarginati” hanno un significato reale. Da qualche settimana, dopo l’approvazione dell’ennesima legge sull’eutanasia da parte dei gruppi parlamentari di Socialisti, Verdi animalisti e Blocco di Sinistra, si ritrovano infatti a braccetto con i pro lifer che si battono per il fine vita naturale.

Già nel maggio 2018, a fronte del primo tentativo del governo Socialista di legalizzare l’eutanasia, i Comunisti, assieme ai Democristiani, fecero naufragare la proposta. Ora, dopo l’approvazione delle nuove proposte di legge presentate nel parlamento lo scorso 18 febbraio, il Partito Comunista Portoghese (PCP) ha spiegato perché si oppone alla cosiddetta “dolce morte”. Di seguito ampi stralci del documento ufficiale del partito.

«1. […] La legalizzazione dell’eutanasia non può essere presentata come una questione di scelta o come una considerazione individuale. Inscrivere nella legge il diritto di uccidersi non è un segno di progresso, ma un passo verso la regressione della civiltà che ha profonde implicazioni sociali, comportamentali ed etiche che mettono in discussione gli elementi centrali di una società guidata da valori umanistici e di solidarietà.

Il PCP rifiuta l’idea che la dignità della vita sia garantita dalla legalizzazione del diritto alla morte prematura.

L’opposizione del PCP all’eutanasia si basa sulla conservazione della vita, sulla richiesta di progressi tecnici e scientifici (anche in medicina) che garantiscano l’aumento dell’aspettativa di vita e non il suo accorciamento, e sulla dignità della vita quando le persone sono vive. È questa considerazione del valore intrinseco della vita che deve prevalere e non quella della valutazione della vita umana in termini di utilità, interessi economici o discutibili standard di dignità sociale.

2. L’invocazione di casi estremi, per giustificare la legalizzazione del diritto alla morte precoce, presentandolo come un atto di dignità, non è il modo per impostare la necessaria riflessione sul caso.

Oggi la scienza dispone già di risorse che, se utilizzate ed accessibili, consentono di ridurre o di eliminare la sofferenza fisica e psicologica. La pratica medica non garantisce alcuna estensione artificiale della vita, rispettando la morte come processo naturale e rifiutando di ritardarla attraverso l’accanimento terapeutico. Esiste una differenza sostanziale tra il mantenimento artificiale della vita o l’anticipazione deliberata della morte, tra la riduzione o l’eliminazione della sofferenza dalla malattia oppure la promozione della fine della vita.

3. In un contesto in cui il valore della vita umana è spesso relativizzato a causa di criteri di utilità sociale, interessi economici, responsabilità e costi della famiglia o spesa pubblica, la legalizzazione della morte precoce (eutanasia) aggiungerebbe un nuovo genere di problemi.

Contribuirebbe immediatamente al consolidamento delle opzioni politiche e sociali che portano a questa svalutazione della vita umana e introdurrebbe un rilevante problema sociale derivante dalla pressione e dalla promozione della morte precoce (eutanasia) per tutti coloro a cui la società rifiuta di fornire risposte e di dare sostegno a fronte di una situazione di particolare fragilità o necessità. Inoltre la legalizzazione di questa possibilità limiterebbe ulteriormente le condizioni affinché lo Stato promuova, nel campo della salute mentale, la lotta al suicidio.

4. Il principio di uguaglianza implica che la stessa dignità sociale sia riconosciuta a tutti e non è lecito immaginare che la dignità della vita di una persona “con lesioni permanenti o affetta da malattia incurabile” o “in estrema sofferenza” diminuisca. E ancor più che questa stessa dignità venga invocata per sancire il diritto alla morte.

La vita non è degna solo quando (e mentre) può essere vissuta nel pieno delle capacità e delle facoltà fisiche e mentali; la società deve garantire le condizioni per una vita dignitosa in tutte le fasi del cammino umano, sia per chi si trova in condizione di autonomia minima (infanzia o vecchiaia) sia per chi gode di autonomia maggiore; per i malati e per i sani; nel quadro della piena integrità delle facoltà fisiche, motorie o intellettuali oppure in presenza di una disabilità più o meno profonda, congenita o sopravvenuta.

Ciò che è necessario è che il progresso della civiltà e l’aumento dell’aspettativa di vita, risultanti dall’evoluzione scientifica, siano chiamati a garantire una vita con condizioni materiali dignitose in tutte le fasi.

5. Il PCP proclama la propria opposizione alla legge che istituzionalizza l’eutanasia e la morte prematura in qualsiasi forma ‒ su richiesta, sotto forma di suicidio assistito o per eutanasia ‒, nonché a possibili proposte di referendum confermativi in materia.

Il PCP continuerà a lottare per l’attuazione, a livello politico e legislativo, di misure che rispondano a tutte le esigenze degli utenti del Servizio sanitario nazionale, in particolare nel rafforzamento di investimenti seri per le cure palliative, compresa l’assistenza domiciliare.

6. Questa è la concezione profondamente umanistica della vita che il PCP difende e sulla quale incardina il proprio progetto politico di progresso sociale. Una concezione che non si arrende alla vita, che lotta per condizioni di vita dignitose per tutti e che esige politiche che le garantiscano sin dall’inizio assicurando le condizioni materiali che sono necessarie nella vita, nel lavoro e nella società.

Di fronte ai problemi della sofferenza umana, della malattia, della disabilità o dell’incapacità, la soluzione non è quella di rendere la società meno responsabile promuovendo la morte precoce (eutanasia) delle persone in queste circostanze, ma piuttosto il progresso sociale, al fine di garantire le condizioni per una vita dignitosa, mobilitando tutti i mezzi e tutte le capacità sociali, la scienza e la tecnologia, onde superare la sofferenza e le malattie, e assicurare l’inclusione sociale e il sostegno familiare.

La conservazione della vita umana, e non l’abbandono della vita, è un’eredità che integra il vero umanesimo e che il PCP assume nei princìpi e nella lotta».

Nel frattempo, le tantissime organizzazioni pro life e pro family del Portogallo hanno superato il quorum minimo di firme affinché si possa svolgere il referendum abrogativo delle norme a favore dell’eutanasia, qualora queste fossero approvate in giugno. Già lo scorso weekend erano ben più di 80mila i cittadini portoghesi che avevano firmato la richiesta (24mila online e 56mila su carta), ben oltre le 60mila richieste dalla legge. La campagna di mobilitazione proseguirà sino alla conclusione del dibattito sulle varie proposte legislative nelle Commissioni parlamentari, cioè fino a fine aprile o a inizio maggio, ed è immaginabile che per allora le firme potrebbero raddoppiare. Il coronavirus non ferma insomma la campagna contro la morte.

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