Last updated on aprile 28th, 2021 at 02:32 am
Due articoli, usciti a poca distanza uno dall’altro su due diverse riviste di settore, raccontano la posizione delle ostetriche su alcuni punti focali che riguardano le donne: la loro salute e il loro futuro. Il primo tratta di violenza antifemminile, il secondo della piaga della denatalità.
Un terzo articolo di grande rilevanza è stato pubblicato sul numero 2 del 2020 di Lucina, periodico della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica, con una sezione dedicata nello specifico alla Contraccezione d’emergenza: al via la prescrizione medica anche per le adolescenti. Due sono le questioni che suscitano riflessione, dopo le parole con cui s’illustrano posologia e indicazioni d’uso del principio attivo denominato «ulipristal acetato», ovvero il presunto «contraccettivo d’emergenza», perché in realtà è abortivo, commercializzato nell’Unione Europea con il nome di EllaOne.
Una provocazione da non ignorare
Nel testo, dapprima si afferma che «le gravidanze nelle teenager, importante indicatore di sviluppo della società, vanno tenute ai minimi livelli e prevenute attraverso campagne di informazione per promuovere maternità e paternità responsabili. Un’attività che vede impegnata l’ostetrica che, per quanto di sua competenza, partecipa a interventi di educazione sanitaria e sessuale sia nell’ambito della famiglia, sia delle scuole, sia della comunità (DM 740/1994)». Poi si aggiunge che «l’insufficiente conoscenza delle MST [malattie sessualmente trasmesse] e di come prevenirle rimane, infatti, tra i principali problemi che tutti gli operatori sanitari di ogni ordine e grado devono contrastare per veicolare le giuste informazioni soprattutto ai giovani che, come emerso dalle recenti indagini, attingono informazioni sul tema Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) da fonti non sempre autorevoli».
La risposta nelle parole di due Pontefici
La definizione e il significato di «maternità e paternità responsabili» non vi sono esplicitati con chiarezza, per cui faccio mio quanto affermato da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) in una catechesi sulla teologia del corpo nell’udienza generale del 1° agosto 1984, parole chiarissime da un punto di vista tanto culturale quanto educativo.
I coniugi, cioè, «con riflessione e impegno comune si formeranno un retto giudizio, tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno, valutando le condizioni di vita del proprio tempo e del proprio stato di vita, nel loro aspetto tanto materiale, che spirituale».
E ancora, citando il pontefice polacco la meravigliosa e quanto mai “pratica” enciclica di Papa san Paolo VI (1897-1978) Humanæ vitæ, «si può parlare di responsabilità nell’esercizio della funzione paterna e materna sotto diversi aspetti. Così, egli [san Paolo VI] scrive, “in rapporto ai processi biologici, paternità responsabile significa conoscenza e rispetto delle loro funzioni: l’intelligenza scopre, nel potere di dare la vita, leggi biologiche che fanno parte della persona umana”. Quando poi si tratta della dimensione psicologica delle “tendenze dell’istinto e delle passioni, la paternità responsabile significa il necessario dominio che la ragione e la volontà devono esercitare su di esse”. Supposti i suddetti aspetti intra-personali e aggiungendo ad essi “le condizioni economiche e sociali”, occorre riconoscere che “la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente e anche a tempo indeterminato, una nuova nascita”. Ne consegue che nella concezione della “paternità responsabile” è contenuta la disposizione non soltanto ad evitare “una nuova nascita” ma anche a far crescere la famiglia secondo i criteri della prudenza. In questa luce, in cui bisogna esaminare e decidere la questione della “paternità responsabile”, resta sempre centrale “l’ordine morale oggettivo, stabilito da Dio, e di cui la retta coscienza è fedele interprete”».
Come mettere in pratica?
Vale la pena, pertanto, riconsiderare le considerazioni qui esposte, enunciandone i propositi, alla luce dell’arricchimento fornito dai due Pontefici.
Le donne e gli uomini, supportati da un’educazione familiare anche semplice, attuata con concretezza e serietà, possono essere sostenuti verso la maturazione che distingue tra i due sessi, privilegiando il rafforzamento della differenza di genere. Tutt’altro che la parità, quindi, come s’invoca spesso, ma al contrario una preziosità per ogni individuo secondo le sue specificità biologiche, come si augura all’interno della medicina cosiddetta “di genere” anche la professione ostetrica.
E possono essere sostenuti anche verso un esercizio responsabile della genitorialità, magari proprio grazie al supporto dell’ostetrica, anche se non è chiarito in che modo questo sostegno debba manifestarsi, ma è noto quanto l’ostetrica supporti tutti i processi di empowerment.
In tal modo, il percorso verso la maternità e la paternità responsabili è facilitato anche dal punto di vista culturale. Sì, perché mostrarsi allarmati dalla situazione della denatalità è certamente importante anche per la cultura alla base della deontologia della mia illustre professione. Bisogna tuttavia partire dal fatto che sia fondamentale responsabilizzare la donna e l’uomo (entrambi, si badi bene) per far sì che maturino una genitorialità il più possibile accurata (accuratus -a -um, «fatto con cura») verso il fragile, il piccolo. L’assunzione di EllaOne, o altri abortivi spacciati per contraccettivi di emergenza, “al bisogno”, non è assolutamente una responsabilizzazione né verso il fragile, né verso la relazione con l’altro o con l’altra.
Lo spalancarsi della realtà
Entrano in gioco allora, e con prepotenza, questioni focali e principiali che riguardano la professione di ostetrica, e che toccano argomenti quali la contraccezione, l’utilizzo dei metodi naturali di regolazione della fertilità, l’aborto. Occorre però che tali questioni siano trattate con un’attenzione all’aspetto antropologico che non può prescindere da una vera e propria rivoluzione culturale in favore di una pedagogia onesta e definibile “bambino-centrica”.
Sarà questo il tema della seconda parte di questo articolo, che i lettori potranno leggere online su “iFamNews” domenica 11 aprile, completo della bibliografia essenziale per farsi un’opinione ragionata su questo argomento importante.