Obiezione di coscienza, per l’OMS è «indifendibile»

Le nuove linee-guida spingono con sempre maggiore insistenza per il "diritto" all’aborto, ampliando la gamma dei “fornitori”

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Image from Guilhem Vellut (Flickr)

L’aborto in «telemedicina» avanza a grandi passi, grazie alle spinte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), che il 9 marzo ha pubblicato linee-guida precise in tale senso. La direttiva si prefigge infatti di promuovere quel metodo abortivo per aggirare tutte le restrizioni legali e logistiche esistenti nei vari Paesi del mondo, obiezione di coscienza compresa. E il documento è stato salutato dal Center for Reproductive Rights come la «guida più progressista di sempre» che l’OMS abbia mai proposto.

Per l’aborto le linee-guida raccomandano infatti «l’opzione della telemedicina come alternativa alle interazioni di persona con l’operatore sanitario». Con ciò l’OMS liberalizza ancora di più le proprie linee-guida precedenti, che già raccomandavano di espandere il concetto di «fornitori dell’aborto» agli infermieri, alle ostetriche e persino alle stesse pazienti, promuovendo addirittura l’aborto come «cura di se stessi».

All’inizio della pandemia di CoViD-19 l’OMS aveva incluso le «cure complete per l’aborto» nell’elenco dei «servizi sanitari» che essa considera «essenziali», incoraggiando i governi ad ampliare telematicamente le prestazioni abotive onde garantirne la disponibilità durante il lockdown.

Non solo le donne rimangono incinte…

Il fatto che l’aborto non sia un diritto umano riconosciuto a livello internazionale viene però bellamente ignorato da queste linee-guida, che si basano in gran parte sul lavoro scolto dagli organismi di monitoraggio dei trattati e dei relatori speciali che lavorano per l’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani. La strategia per incardinare l’aborto tra i diritti umani internazionali, attraverso pareri di esperti, è del resto iniziata sulla scia degli accordi globali sottoscritti dal governi, i quali hanno però di per sé stabilito l’aborto non è affatto un diritto globale e che dunque la definizione del suo status giuridico spetta ai singoli Paesi.

Adesso però le nuove linee-guida abbandonano quel consenso, raccomandando invece sia la piena depenalizzazione dell’aborto sia l’abolizione di «leggi e altri regolamenti che limitano l’aborto», di modo che esso diventi «disponibile su richiesta della donna, della ragazza»… «o di altra persona incinta». Sconsigliati sono anche i limiti posti all’età gestazionale, particolarmente diffusi nei Paesi dove l’aborto precoce è disponibile gratuitamente.

Obiezione di coscienza minacciata

Allo stesso modo vengono denunciate altre restrizioni all’aborto, come i periodi di attesa, i requisiti di consenso coniugale o dei genitori, la necessità di un’autorizzazione da parte di terzi o l’obbligo di un’ecografia prima dell’aborto.

Per quanto riguarda l’obiezione di coscienza da parte degli operatori sanitari, le linee-guida raccomandano che sia limitata in modo da non imporre alcun ostacolo all’accesso all’aborto, aggiungendo che se tali restrizioni sono impossibili, «l’obiezione di coscienza nella fornitura di aborto può diventare indifendibile».

Ora, se da un lato l’OMS continua ad ampliare il range dei potenziali fornitori di aborti, ad aumentare è però anche il numero di persone che cercano di sottrarsi a ogni coinvolgimento con l’aborto per ragioni di coscienza. Ebbene, le nuove linee-guida «suggeriscono» anche l’inclusione dei farmacisti tra i fornitori di aborti, come già raccomandato nelle linee-guida precedenti.

E il documento chiede pure che i preparati chimici abortivi siano stati spostati nell’elenco dei farmaci che nel 2019 l’OMS ha classificato come essenziali, rimuovendo il precedente requisito di «stretta supervisione medica» per l’uso degli stessi e invitando i singoli governi a fare lo stesso con i propri elenchi nazionali.

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