Last updated on Giugno 30th, 2021 at 04:04 am
Oggi in Italia si muore di razzismo? Immagino di sì. Si muore di lockdown e della depressione nera che deriva da una vita ribaltata e deprivata, senza più né punti fermi né usi sociali condivisi? Immagino di sì. Si muore di disperazione perché un’attività professionale a lungo coltivata oppure solo immaginata va a pallino, stroncata dai debiti indotti dalla crisi sanitaria che ci ha travolti? Immagino di sì, pure in questo caso.
Lo immaginano tutti, forse, ma senza dati certi e incontrovertibili e documentati restano solo opinioni. Esprimere un’opinione è legittimo, pertanto ne esprimerò un’altra: si muore anche di abbandono. Non faccio nomi, come ovvio non servono neppure, epperò in questo caso cito dati.
La percentuale di suicidi («eventi suicidari», li chiamano) aumenta nel caso di giovani e di adolescenti, adottati. Non è una regola, un calcolo matematico, la banalizzazione del dolore. E non è “colpa” dell’adozione, avventura faticosa e meravigliosa come sempre lo sono genitorialità e figliolanza. Vi assicuro che genitori e figli adottivi lo sanno benissimo, per carità senza mai generalizzare.
È che si muore anche di abbandono. È questa la ferita che fatica a guarire. C’è e rimane in questi bambini, in questi ragazzi, una fragilità profonda, dovuta a una domanda che nella maggior parte dei casi non ha risposta: perché mia madre non mi ha voluto? Poiché, magari a livello inconscio e profondo, pare di poter trarre delle conclusioni: se non mi ha tenuto, significa che non mi ha voluto. E se non lei, per motivazioni incomprensibili ma ineludibili, perché non mi ha tenuto mio padre? I nonni? Una zia? Perché la rete della famiglia, la famiglia di carne e sangue, per me non ha funzionato? Perché non hanno lottato eroicamente, con unghie e denti, per me, solo per me, per tenere me?
Non importa se, dopo, sono arrivate altre due persone, i miei genitori adottivi, che mi hanno amato alla follia. Li amo anche io, ma ciò non colma il vuoto.
Il punto è l’abbandono. Un cordone ombelicale non solo fisico, ma altamente simbolico, reciso di colpo e di netto. Se mia madre non mi ha amato abbastanza da riuscire a trattenermi, chi mai potrà farlo? Nessuno potrà amarmi, mai. Io, non sono amabile.
Non vale per tutti. L’ho detto, è un’opinione. Ma andiamo a raccontarlo ai figli delle «madri surrogate», fra qualche anno.