Mons. Suetta: «Il ddl Zan vuole tappare la bocca ai cristiani»

L’allarme del vescovo di Ventimiglia-San Remo: «Questa legge ci relega nelle sacrestie. Non dobbiamo cedere alla dittatura del pensiero unico»

Mons. Antonio Suetta

Mons. Antonio Suetta - Image from diocesiventimiglia.it

Last updated on Giugno 16th, 2020 at 03:30 am

Quella di finire in carcere la considera un’ipotesi remota. Ma ciò che vede incombere è il rischio di essere relegato in sacrestia, di non poter annunciare pubblicamente la dottrina cristiana. È per questo che mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-San Remo, ha deciso di pubblicare una lettera pastorale in cui evidenzia le criticità del ddl Zan sull’omotransfobia.

Il testo del ddl Zan

Dopo una serie di rinvii, la discussione del testo è stata calendarizzata nel mese di luglio. Se la proposta verrà approvata, nell’art. 604-bis del Codice penale le condotte delittuose saranno estese a «discriminazioni, violenze o provocazione alla violenza, dettate da motivi di orientamento sessuale e identità di genere». Sarà anche posto il divieto di costituire associazioni con «finalità di violenze o discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere». Previste pure modifiche all’art. 604-ter del Codice penale, indicando che «le circostanze aggravanti si estendono ai reati commessi in ragione dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere della vittima».

L’appello

Mons. Suetta lancia quindi un duplice appello. «Se ci sono politici che si definiscono cattolici, o che condividono un determinato quadro antropologico, debbono attivarsi per non far passare questa legge», afferma parlando con “iFamNews”. Il presule, tuttavia, riconosce che questo è «un auspicio distante», perché sa che la maggioranza di governo formata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Liberi e Uguali è determinata ad approvare la legge. C’è quindi un altro obiettivo, che ritiene forse più importante ancora, che si propone la lettera. «Le coscienze non debbono anestetizzarsi rispetto a certi temi», spiega. Nella missiva evoca la «dittatura del pensiero unico», che «piace ai media e ai salotti televisivi, ma che dimentica di andare in fondo alle verità delle cose, in nome del relativismo, per il quale ogni opinione può diventare legge».

Il rischio per la libertà d’opinione

Ciò che più preoccupa mons. Suetta, nel caso specifico, è «che articoli del Catechismo o passi della Bibbia possano da un giorno all’altro diventare perseguibili per legge», laddove un giudice dovesse ritenerli discriminatori nei confronti degli omosessuali. «Credo in Italia che nemmeno il giudice più accanito possa impedire la predicazione cristiana dal pulpito o nelle parrocchie», osserva. «Però ritengo che la legge punti a un obiettivo altrettanto pericoloso: impedire ai cristiani di diffondere gli insegnamenti cristiani in tema di morale al di fuori dell’ambito ecclesiale. Questo – aggiunge – priva la fede di una sua naturale e insopprimibile condizione, ossia diventare tessuto culturale ed incarnarsi nella società».

Lo scenario sinistro che il vescovo intravede è che dissentire rispetto al «pensiero dominante» potrebbe domani essere consentito soltanto all’interno di cerchie ristrette. Il presule ricorda che in Francia e in Spagna, Paesi in cui leggi analoghe sono già state approvate, si sono registrati casi di arresti nei confronti di giovani “rei” di indossare una maglietta della Manif Pour Tous oppure di un’indagine giudiziaria verso un cardinale per aver dichiarato che «la sessualità è finalizzata alla procreazione».

La Chiesa e il ddl Zan

Di qui la necessità che i cristiani non abbassino la guardia rispetto al ddl Zan. «Non possiamo accettare che si arrivi a un mutamento della dottrina in nome del dialogo. Si può dialogare soltanto se si ha un’identità da difendere, altrimenti ogni tentativo di confrontarsi con gli altri è vano, non inutile ma persino dannoso perché causa adeguamento e assuefazione», afferma mons. Suetta.

L’altra minaccia è che alcuni uomini di Chiesa decidano di abdicare alla battaglia sul fronte antropologico per dedicarsi ai soli temi sociali. «Sarebbe un grave errore», osserva, «perché la promozione sociale da parte della Chiesa passa necessariamente attraverso la redenzione. A chi ha fame debbo dare cibo, ma non posso limitarmi a quello, debbo anche offrirgli una prospettiva integrale». Chissà se altri uomini di Chiesa decideranno di esporsi come ha fatto lui. Finora, dice mons. Suetta, «non ho ricevuto critiche per la mia lettera, ma attestati di sostegno».

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