Michelle Bachelet, the day after

Pubblicato il suo famoso rapporto sullo Xinjiang. Lo stiamo studiando. Semmai cambieremo giudizio. Ma non sul suo socialismo eugenetico e sull’aborto come “diritto”

Michelle Bachelet

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Pochi minuti prima di chiudere il proprio mandato di Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR), Michelle Bachelet ha pubblicato quel famoso rapporto sullo Xinjiang che ha rimandato per quasi un anno, ultimamente denunciando gravi ingerenze da parte del regime neo-post-nazional-comunista cinese che ha cercato in tutti i modi di imporre il silenziatore sulla massima autorità internazionale in fatto di diritti umani.

Il rapporto incrimina il regime cinese per gravi violazioni. È un gesto culturale e politico di importanza capitale. Ne stiamo accuratamente studiando il testo, i detti e pure i non detti, perché è davvero un documento decisivo. Lo è qualunque sia il giudizio finale su di esso, disposti semmai anche a rivedere la valutazione negativa dell’operato della Bachelet sul punto.

La condanna totale del socialismo eugenetico con cui la Bachelet ha governato prima il Cile e poi l‘OHCHR restano invece identici, così come la stigmatizzazione della filosofia aberrante di cui la Bachelet si fa portatrice definendo “diritto umano” la soppressione di un bimbo innocente ancora nel grembo materno.

Se i diritti umani sono questi, cos’è allora la disumanità?

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