Mettere l’intimità in piazza, una mania ben triste

La sessualità è sempre cosa riservata. Ma il nostro mondo non sa più distinguere, gerarchizzare

Creative Commons 3 - CC BY-SA 3.0

A tutti, o quasi, darebbe fastidio che particolari della propria vita privata venissero spiattellati in pubblico senza consenso esplicito. È buon senso pensare che, quando non si commettono crimini o infrazioni, si ha diritto all’intimità. Se si compiono peccati, lo dovrebbe sapere soltanto il confessore; la Chiesa Cattolica, per esempio, non prevede la gogna pubblica, ma demanda al confessionale l’assoluzione dalle infrazioni di ordine morale e spirituale. Quindi, anche la Chiesa Cattolica riconosce il diritto all’intimità della persona.

Eppure nella nostra società sembra che questo diritto non esista più: sembra che si possa essere esposti al pubblico anche nel caso di relazioni perfettamente consensuali e persino post mortem. Si prenda l’esempio di Sandra Milo, oggi signora di una certa età e un tempo bellissima attrice e showgirl, che sul settimanale Oggi fa sapere dei propri trascorsi amorosi con uomini famosi, oggi defunti, quali per esempio il leader Socialista Bettino Craxi (1934-2000) e il regista Federico Fellini (1920-1993). Di quest’ultimo la Milo dice: «Nei primi tempi ci incontravamo in via Sistina, dove aveva un suo studio, poi in un altro studio in corso Italia. Usavamo come alcova d’amore l’Hotel Plaza su via del Corso. Ma anche piccoli motel… Insomma, un po’ dappertutto… Lo facevamo sempre in terra. Lui odiava il letto: diceva che era per fatto per dormire. Nei suoi studi non c’erano mai i letti, solo divani di cuoio, e io trovavo orrendo fare l’amore sui divani di cuoio. Così lo facevamo per ore sulla moquette verde o su un piumino buttato in mezzo alla stanza». Ora, è veramente necessario tutto questo?

Si pensi che per alcune di queste persone ci sono ancora le famiglie, che hanno il diritto di conservare un ricordo che non sia deturpato da immagini che dovrebbero essere consegnate ‒ al massimo, e al netto di ogni altra considerazione morale, che pure ci sta ‒ soltanto all’intimità delle persone, non certo al ludibrio pubblico.

E non è l’unico esempio. Ci sono parecchie donne, famose o meno, non è questo il punto, che vengono corteggiate dalla stampa solo per poterne offrire in pasto a tutti brandelli di vita personale, vita personale che invece dovrebbe rimanere inviolabile, al riparo dei curiosi. Certamente il problema non è che a autrici e protagoniste di queste rivelazioni siano donne: se su trattasse di uomini sarebbe uguale. Se vi fossero infatti uomini che rivelassero i dettagli delle proprie relazioni con donne famose poi defunte, sarebbe un fatto ugualmente deprecabile. Non infatti che si possano nascondere certe frequentazioni, tanto queste cose alla fine si sanno. Ma il fatto di entrare nei particolari intimi, nei dettagli che dovrebbero appartenere solo a chi li ha condivisi, questo veramente dà l’idea del cattivo gusto della società in cui viviamo.

In fondo tutto questo è dovuto a una grandissima mancanza di eleganza, una qualità che purtroppo oggi è sempre più assente dalle persone. L’eleganza era la qualità che faceva in modo che le persone sapessero ben gestire la propria immagine pubblica, sapendo tenerla separata dalla vita privata. Oggi che si parla tanto di privacy, in tutte le salse, è strano pensare che proprio la privacy sia praticamente inesistente. La sessualità dovrebbe infatti rientrare sempre in un ambito riservato privato, persino quando essa è vissuta al di fuori di quello che è accettato dalla morale inerente un determinato credo religioso o dalla morale comune. L’errore, come quello di relazioni al di fuori del matrimonio, va comunque vissuto intimamente e non sulla pubblica piazza, specialmente quando non ci si può più difendere.

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