Luciano/«Lucy» Salani, il transessuale più anziano in Italia e la realtà

«Comincio davvero ad avere voglia di cercare vite su altri pianeti»

Luciano/«Lucy» Salani

Luciano/«Lucy» Salani

Luciano Salani, che si fa chiamare ed è chiamato abitualmente «Lucy» Salani, con i suoi 97 anni compiuti è il transessuale più anziano in Italia: è nato a Fossano, in provincia di Cuneo, nel 1924.

Nel mese di novembre è stato presentato in prima mondiale al Torino Film Festival il documentario sulla sua vita, a volte rocambolesca ma più spesso tragica, di persona nata uomo, che ha voluto “essere donna”, il più possibile donna, tranne nel nome, che ha abbreviato ambiguamente ma non ha mai voluto che fosse cambiato all’anagrafe, perché «[…] il nome è sacro», dice, «me l’hanno dato i miei genitori».

La pellicola, girata dai registi Matteo Botrugno e Daniele Coluccini, si intitola C’è un soffio di vita soltanto e passerà questa sera alle 21.15 anche in TV, sul canale Skydocumentaries, nell’ambito delle rassegne destinate a celebrare, ma non è questo il verbo giusto, il Giorno della Memoria in ricordo dei martiri ebrei dell’Olocausto nazionalsocialista, nonché tutti i deportati nei campi di concentramento perché disabili, affetti da sindrome di Down, omosessuali, rom

Salani, infatti, fu rinchiuso nel campo di concentramento tedesco di Dachau. Non vi fu rinchiuso perché ebreo, non lo è, né perché omosessuale, ma in quanto prigioniero di guerra (aveva disertato l’esercito tedesco, cui aveva aderito dopo l’8 Settembre, in fuga da quello italiano). Comprensibilmente l’esperienza fu terrificante, come testimonia nelle numerose interviste che sta rilasciando in questo periodo: «[…] quello che ho visto è allucinante. Dentro ti senti schiacciata. Vivere per me è un miracolo. Sono già morta allora», racconta, parlando di sé al femminile.

Soldato, tappezziere, “ballerina”, “prostituta”: «ho fatto marchette, sì: normale per quelli come me». Una vita difficile, quella di Luciano/«Lucy» Salani, compreso l’intervento chirurgico per il cambio di sesso, a Londra, negli anni 1980. Il racconto che ne fa per il Corriere della Sera il regista Botrugno, raccogliendo le parole di Salani, è impressionante: «Hanno fatto i macellai: tagliato e fatto un buco», cercando di piegare la realtà al desiderio, o meglio alla pretesa.

Oggi Luciano/«Lucy» Salani è una persona molto anziana, dalla salute malferma, ma dalla mente piuttosto lucida, che vive a Borgo Panigale, alla periferia di Bologna, assistita da volontari che considera un po’ la propria famiglia.

Di sé dice di essere «un intruglio», e aggiunge di sognare gli extraterrestri e di amare i film di fantascienza: «Avatar è il mio preferito: esplorare un nuovo mondo in un nuovo corpo, un capolavoro. Io ne ho viste e passate troppe, comincio davvero ad avere voglia di cercare vite su altri pianeti». Altri corpi, altre vite, altri pianeti: un ritrarsi costante dalla realtà, per cercare una pace con se stessi che fuori dalla realtà forse non è possibile raggiungere. Esatto, fuori dalla realtà.

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