Last updated on Giugno 4th, 2020 at 03:40 am
I funzionari del controllo sulle nascite puntano i riflettori su ogni donna incinta e sulla sua famiglia. Chi tenta di nascondere i figli viene denunciato dai vicini, gli espropriano tutto, gli disintegrano la casa. Appena il nascituro viene alla luce, scatta la procedura di sterilizzazione forzata. La puerpera, trasportata legata su una barella fino all’ambulatorio più vicino, viene messa in condizione di non concepire più. Se ne aveva già partorito uno, il secondo viene confiscato dal governo e rinchiuso in un brefotrofio. Se per caso sono due gemelli, si requisisce la femmina. Se sono gemelle, una delle due, indifferentemente. Separati per sempre, dai genitori e dai fratelli. Iniziano subito le pratiche per l’adozione all’estero. In giro per il mondo ve ne sono ora almeno 130mila, rintracciati dai coniugi Brian e Long Lan Stuy, dello Utah. Tutti consegnati a coppie occidentali che li credono abbandonati dai genitori. Per alcuni, in realtà, è proprio così: la nonna o la zia depositano il neonato, ma più spesso la neonata, nella piazza del mercato più vicino o sulla strada, nella speranza che qualcuno li raccolga. Molti muoiono di stenti nel giro di un giorno o due. I più fortunati vengono raccolti da organizzazioni che li consegnano allo Stato dietro compenso. Per alcuni la raccolta ambulante di trovatelli diventa un business remunerativo. È illegale, ma le autorità collaborano perché europei e americani in fondo pagano bene e, convinti di contribuire a un’opera di misericordia, alimentano il traffico di esseri umani. Sono Gli orfani di Shao, di cui scrivono il giornalista Pang Jiaoming con Karen DiSanto, Sandra Lam, Jing Zhang, Joe Lee in un volume del 2014.
Ai margini del circuito criminal-istituzionale, la discarica pubblica funziona come valvola di sfogo. Pang Wang, l’artista che dal 1996 esplora i segreti dell’immondizia, si accorge dei feti, avvolti nei sacchi gialli che indicano i rifiuti speciali ospedalieri, li fotografa e s’interroga su quella cultura dello scarto. Ecco cosa produce la propaganda del “partito infallibile” che antepone il bene collettivo agli interessi individuali. È una “guerra demografica” che uccide anche chi la combatte, ne distrugge la coscienza e l’umanità. Come a quella “mammana”, una dottoressa che si è resa responsabile di 50-60mila fra aborti e sterilizzazioni e ora tenta di riparare curando le coppie infertili perché “quello che fai ti ritorna”, ma un religioso l’ha consolata suggerendole che, forse, per ogni piccolo aiutato a venire al mondo potrà cancellare dieci dei suoi crimini passati.
È accaduto tutto per quasi un quarantennio, fra il 1979 e il 2015, nella Cina comunista, applicando la politica del figlio unico allo scopo di combattere la sovrappopolazione e la fame. Meno bocche da sfamare, più benessere. Ecco cos’ha provocato lo sterminio di un numero incalcolabile di bambini, come denunciò il dissidente Harry Wu (1937-2016) in Better Ten Graves than One Extra Birth. China’s Systemic Use of Coercion to Meet Population Quotas, tradotto anche in italiano come Strage degli innocenti. La politica del figlio unico in Cina.
Lo ricostruisce in un’ora e mezza, con le testimonianze dirette di alcuni protagonisti del massacro e di molte sue vittime ancora viventi, One Child Nation, il documentario delle registe Nanfu Wang e Jialing Zhang, vincitore del Gran Premio della giuria per la categoria documentari al Sundance Film Festival del 2019, visibile sulla piattaforma Prime Video di Amazon, benché vietato ai minori di 18 anni.
Purtroppo quella tragedia va ancora raccontata al presente. Dal 2015 la politica del “figlio unico” è stata sostituita dalla politica dei “due figli unici”, così i cinesi che vogliano un terzo figlio devono tuttora affrontare la persecuzione amministrativa ed essere indotti a interrompere la gravidanza. Dietro la Grande Muraglia l’età media si alza ormai in modo preoccupante. Eppure la pianificazione familiare, la propaganda che promuove la salute riproduttiva, la contraccezione e l’infanticidio anche attraverso le pillole del giorno e dei giorni dopo, fondate sul falso mito del boom demografico, stanno perpetuando quella sciagura in tutto il pianeta. One Child Nation è un film da vedere e da meditare. Unico neo, una fugace battuta in cui Nanfu Wang denuncia come entrambi lesivi del diritto di autodeterminazione femminile sia l’aborto forzato a cui il regime comunista cinese sottopone le donne sia il tentativo di abolire l’aborto negli Stati Uniti d’America dove lei ora vive. I danni che l’indottrinamento ideologico-abortista produce sono davvero incalcolabili e insospettabili.