La melagrana di cui abbiamo perso memoria

melagrana

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La bellezza della famiglia attraverso storie, apologhi, aneddoti e spunti che oggi «Nostradomus» raccoglie per seminare un domani migliore

C’è un frutto meraviglioso che da sempre intriga l’uomo, il quale ne ha fatto oggetto di mito e di riferimenti religiosi: la melagrana.

Presso gli antichi Greci e nel Cantico delle creature è associato, diversamente ma analogamente, alla rinascita e alla fecondità. La sua sfera irregolare e sfumata fa riferimento alla Passione di Cristo e al ciclo delle stagioni, ma la chiave della melagrana sono i suoi tanti, piccoli frutti.

Il frutto vero dell’albero del melograno è infatti quella corazza coriacea che altra funzione non ha se non custodire e difendere i piccoli semi interni, succosi e rossi, che sono cibo prelibato.

Il suo segreto imperituro è che da uno sorgono i molti e che la molteplicità viene solo dall’unità, a cui si ricongiunge. Nel cristianesimo il suo color vermiglio forte è associato al sangue redentore sparso da Cristo sulla croce, che irrora il terreno rendendolo fecondo di cristiani, proprio i martiri sono il campo della prosperità dei discepoli, così mutando il disastro in vittoria, la sconfitta in trionfo. Ed è così, per associazione, che la melagrana simboleggia il matrimonio, dove due diventano uno per quindi tornare a essere molti, in una unità carnale che genera la molteplicità delle anime.

Alle nozze regalare una melagrana agli sposi augura prosperità: denaro e prole, sostentamento e futuro, proprietà e liberalità, patrimonio e maternità, in un mistero inscindibile e bello di cui abbiamo purtroppo perduto la memoria.

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