La libertà contro i processi alle intenzioni

I crimini sono peccati, ma non tutti i peccati sono crimini. Il caso di José Plácido Domingo

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Last updated on aprile 10th, 2020 at 07:16 am

Il sottoscritto è principalmente un musicista: studio musica da quando sono adolescente e vivo in questo mondo da sempre. Quindi le cose che accadono nel mondo della musica hanno per me significato particolare. Ora, il mondo della musica ha certamente un lato sordido; ci sono peccati e crimini come in tutti gli altri campi, ma, ancora una volta, se è vero che tutti i crimini siano peccati, non è vero che tutti i peccati siano crimini.

Si pensi alle vicende che hanno coinvolto il grande tenore spagnolo José Plácido Domingo, accusato da varie donne di condotte improprie da un punto di vista sessuale. Mentre le condizioni di salute del maestro, malato di coronavirus, sembrano peggiorare, riconsiderarne il caso è utile.

Nella mia carriera musicale ho avuto modo di parlare con varie persone che lo avevano conosciuto, fra cui molte donne, e il giudizio unanime è che Domingo sia veramente “un gran signore”, un vero gentiluomo. Posso assicurare di non avere mai udito una virgola in senso contrario.

Ho pure incontrato una volta Plácido Domingo di persona. Vivevo ancora a Macao e il tenore si trovava nella città cinese per un concerto. Ricordo che, durante una passeggiata, entrai in una chiesa dedicata a sant’Agostino d’Ippona e vidi un uomo anziano inginocchiato sui banchi a pregare. Lo riconobbi. Attesi che terminasse di pregare e, quando stava per uscire, lo avvicinai e gli chiesi se potessi fare una foto con lui. Acconsentì, ma aggiunse che lo scatto lo avremmo fatto fuori della chiesa. Mi sembrò un gesto di grande rispetto.

Plácido Domingo, secondo le accuse, avrebbe cercato soddisfazione sessuale con varie donne che ora lo accusano di averle usate. Un peccato, ma è anche un crimine? È abbastanza, cioè, per trasformare una persona in un mostro?

Da tutto quanto ho letto, non ho mai trovato un  rigo che lo accusi di violenza sessuale, di stupro, di avere forzato una donna ad avere rapporti sessuali con lui. In un articolo su La Stampa viene detto: «Ma anche supponendo che il tenore non sia davvero andato oltre quanto ha ammesso, e quindi che non esistano casi penali contro di lui, le sue parole sono molto indicative. Il cantante in sostanza ha riconosciuto a posteriori che alcuni suoi comportamenti erano inappropriati, però li considerava flirt consensuali, e non capiva gli effetti sulle colleghe. Ma una cantante d’opera che durante un pranzo di lavoro si ritrova la mano di una simile star sul suo ginocchio, è necessariamente costretta a valutare quali effetti potrebbe avere la sua reazione sul proprio futuro professionale. Sarebbe ingenuo pensare che lo stesso non accada in tutti gli altri campi di lavoro, e quindi è necessario allargare la “riflessione” di Domingo, anche se non ci fossero sviluppi giudiziari». Qui ‒ chiedo scusa ‒ mi perdo.

Se una persona ha scelta di poter dire «sì» o «no», può sottrarsi a ciò che non desidera. Non si dimentichi che Plácido Domingo non è l’unico cantante famoso del mondo; se non va bene con lui, ci si può rivolgere ad altri.

Insomma, se qualcuno mi proponesse di fare sesso in cambio di una posizione lavorativa molto migliore, se non volessi, direi «no». Ma se accettassi il baratto diventerei complice, a meno che la persona in questione non mi usasse violenza, cosa che trasformerebbe la faccenda in reato. Un altro esempio, preso da un altro campo. Tempo fa, fui sorpreso che il cardinale cinese Joseph Zen Ze-kiun difendesse i diritti dei praticanti del Falun Gong contro le pretese del governo comunista cinese. Perché un cardinale cattolico difendeva dei non cattolici? Poi ho capito. Il porporato cercava di denunciare un meccanismo che prima o poi avrebbe schiacciato tutti, cattolici compresi. Bisognerebbe rifletterci attentamente.

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