Nessuna “madre intenzionale” è legittimata a essere riconosciuta genitore di alcun bambino e il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è limitato alle situazioni di infertilità patologica delle sole coppie eterosessuali. Lo stabilisce la Corte di Cassazione nell’ordinanza 10844, che respinge il ricorso di due donne contro un Comune italiano rifiutatosi di trascrivere all’anagrafe due gemelli come figli di “due madri”. La richiesta della coppia era stata precedentemente accolta dalla Corte d’Appello.
La Corte ha infatti ribadito lo scopo della Legge 40/2004, che, agli articoli 4 e 5, si prefigge di limitare l’accesso alle tecniche di fecondazione artificiale alle sole situazioni di «infertilità patologica», le quali, del tutto evidentemente, non posso riguardare coppie omosessuali.
Una delle due ricorrenti della suddetta coppia aveva concepito i due gemelli mediante inseminazione artificiale in Danimarca, utilizzando il gamete maschile di un donatore anonimo. All’atto della trascrizione in Comune, la compagna della madre biologica del piccolo però si era vista rifiutare l’inserimento del proprio nome come “madre intenzionale”.
Infertilità inconcepibile per le coppie omosessuali
La Cassazione ha dunque ricordato co e l’ordinamento giuridico italiano – Legge 40 compresa – non consenta «forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto».
Pertanto, nemmeno in presenza di un legame genetico con il «genitore intenzionale» è possibile aggiungere il suo nome all’atto di nascita. Il legislatore consente l’accesso alla procreazione assistita soltanto alle situazioni di infertilità patologica, «alle quali non è omologabile la condizione di infertilità della coppia omosessuale».
Non è nemmeno accoglibile «la domanda di rettificazione dell’atto italiano di nascita volta ad ottenere l’indicazione in qualità della madre del bambino, accanto a quella che ha partorito», nel caso in cui il minore sia stato concepito mediante tecniche di fecondazione eterologa, non consentite in Italia. Parimenti, la Cassazione considera non accoglibile la «richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia» europea, rispetto alla «corretta ed esatta rappresentazione» dei «dati personali» delle ricorrenti e dei due bambini. I quesiti proposti sono infatti «irrilevanti ai fini della decisione», poiché non è ravvisata «alcuna violazione del principio di rappresentazione corretta ed esatta dei dati personali trattati negli atti di nascita».