L’aborto è «colonialismo sotto copertura»

Nonostante le ingerenze degli attivisti pro-aborto statunitensi, l’Ecuador non apre alla cultura di morte

Giovedì 15 aprile l’Assemblea nazionale dell’Ecuador ha votato contro la mozione di respingimento del veto espresso dal presidente Guillermo Lasso all’ampliamento dell’accesso all’aborto. La sessione è stata aggiornata e pertanto il disegno di legge non è passato, contrariamente a quanto si temeva già da febbraio.

Il testo prevedeva di rendere l’aborto un diritto umano garantito costituzionalmente, limitando se non addirittura negando il diritto all’obiezione di coscienza per gli operatori sanitari del Paese. È quanto emerge dalle parole di Valerie Huber, amministratore delegato di «The Institute for Women’s Health», già rappresentante speciale per la salute globale delle donne nel Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti d’America durante l’Amministrazione Trump.

Quello che doveva essere una variazione limitata alla legge sull’aborto in Ecuador, rendendo possibile la cessazione della gravidanza in caso di stupro, rischiava di essere il grimaldello per una modifica sostanziale alla normativa vigente, sotto il vessillo ormai noto della «salute riproduttiva» delle donne.

«Il disegno di legge pone le basi per un totale ribaltamento delle leggi del Paese», ha scritto la Huber in un articolo su National Review, «affermando che l’aborto è un diritto umano fondamentale e rimuovendo il diritti di coscienza per individui e istituzioni che non vogliono prendervi parte».

Ciò che in particolare denuncia Valerie Huber è l’ingerenza dei movimenti filoabortisti statunitensi nei Paesi esteri, affermando con grande lucidità che «[…] il “diritto internazionale” all’aborto è colonialismo con un altro nome».

La Costituzione ecuadoriana tutela esplicitamente il diritto alla vita e nell‘articolo 45 dichiara che l’Ecuador «riconoscerà e garantirà la vita, comprese le cure e la protezione fin dal momento del concepimento».

«Consentire agli Stati di proteggere i diritti e la sicurezza delle donne, senza interferenze da parte di lobbisti o politici pro-aborto, è parte importante del rispetto della sovranità nazionale», continua pertanto la Huber. «Ecco perché questo disegno di legge non riguarda solo la protezione delle donne: è anche una lotta per la possibilità di legiferare senza coercizione internazionale». Il riferimento è fra l’altro alla lettera che Norma Torres, deputato del Partito Democratico per la California, insieme a ad altri colleghi ha inviato al presidente Lasso, durante l’esame del disegno di legge, con l’esortazione ad approvarlo.

Soprattutto, scrive ancora Valerie Huber, «non esiste un diritto internazionale all’aborto». Le lobby filoabortiste e sedicenti «progressiste», però, che invocano la libertà di scelta più assoluta e su tutti i fronti, evidentemente non ammettono invece che tale libertà esista per un Paese, l’Ecuador, che non la pensa come loro.

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