Last updated on Maggio 26th, 2020 at 04:02 am
La Chiesa non ci sta e alza la voce per difendere la vita umana, richiamando il governo alle proprie responsabilità. Succede in Irlanda del Nord, dove, il 31 marzo, sono entrate in vigore le nuove norme sull’aborto. Se prima l’aborto era consentito entro le 12 settimane dal concepimento, oggi, in caso di sospetta disabilità del nascituro, l’aborto è consentito fino alla nascita. La legge consente inoltre gli aborti al di fuori degli ospedali e limita la libertà di coscienza degli operatori sanitari.
Ma i vescovi cattolici nordirlandesi scendono in campo e, attraverso una lettera inviata ai membri dell’Assemblea legislativa di Stormont, chiedono di «formulare nuovi regolamenti che esprimano la volontà della maggioranza dei nostri concittadini favorevoli al sostegno e alla protezione della vita delle madri e dei loro bambini non ancora nati».
Il primo passo legislativo sull’aborto in Irlanda del Nord si è registrato a fine 2019. Nella notte tra il 21 e il 22 ottobre il parlamento britannico approvò allora una serie di norme volte alla depenalizzazione dell’aborto, approfittando del tragicomico stallo del parlamento nordirlandese, bloccato dal gennaio 2017 a causa dell’impossibilità di trovare un accordo tra Destra unionista protestante e Sinistra repubblicana cattolica in vista di un governo di unità nazionale. Da mesi i vescovi nordirlandesi erano entrati con forza nel dibattito pubblico per chiedere la ripartenza del parlamento, così che potessero essere affrontati i temi economici ed etici senza subire passivamente le decisioni in arrivo da Westminster.
Già dal luglio 2019, infatti, il parlamento britannico andava legiferando per allargare le maglie delle leggi sull’interruzione volontaria di gravidanza e per legalizzare i “matrimoni” fra persone dello stesso sesso. Eppure, nonostante il silenzio della stampa europea sul tema, e le forti pressioni esercitate affinché anche la Chiesa restasse in silenzio, i vescovi sono intervenuti subito, il 22 ottobre, con una nota durissima: «I deputati del parlamento locale hanno avuto tempo e possibilità per impedire che questa draconiana legislazione sull’aborto di Westminster venisse imposta sopra le teste dei nostri cittadini, ma hanno scelto di non farlo. L’aborto è una brutale violazione del prezioso dono della vita. Il diritto alla vita non ci viene dato da alcuna legge o da alcun governo. Qualsiasi legge umana che rimuove il diritto alla vita è una legge ingiusta».
Ma lo sforzo non è bastato a frenare le modifiche alla legge sull’aborto, tanto che il 31 marzo il nuovo pacchetto legislativo è stato approvato in modo definitivo. Cosa comprende? Che l’aborto non è più lecito solo entro le prime 12 settimane dal concepimento, bensì esteso entro le 24 settimane. Non solo: grazie alla nuova legge, infatti, basta il sospetto di possibili malattie fisiche o mentali nel nascituro e l’aborto viene consentito fino alla nascita.
Sono peraltro dizioni, queste, tanto preoccupanti quanto confuse, come ha subito rilevato l’episcopato, giacché, nella loro genericità, spingono la liceità dell’aborto a un passo dall’infanticidio. Eppure, in una consultazione condotta dal governo britannico a dicembre 2019, il 79% della popolazione nordirlandese si è espressa a favore della protezione della vita non nata. L’accelerazione è peraltro venuta nel pieno dell’emergenza per la pandemia da coronavirus: «Oggi in tutto il Paese, ognuno di noi, e soprattutto il personale medico», osservano i vescovi, «sta facendo il possibile per salvare vite umane. Mentre il numero di morti causate dal coronavirus continua ad aumentare, i giornalisti ci ricordano spesso che dietro le statistiche ci sono persone reali, e le loro vite contano indipendentemente dall’età o dalle capacità, dal sesso o dall’ambiente».
La nuova legge, inoltre, mina fortemente anche l’obiezione di coscienza: «L’ostetricia e la ginecologia», dice la Chiesa, «non devono diventare dominio esclusivo di quei dottori e di quel personale medico che sono disposti a praticare l’aborto». Continuano i vescovi: «Ogni donna che prende in considerazione l’aborto ha diritto di ricevere informazioni accurate e appropriate sui rischi connessi all’interruzione della gravidanza e a tutte le conseguenze mentali e fisiche che ne possono derivare». Ora, la maggior parte dei parlamentari nordirlandesi è, almeno sulla carta, contraria all’aborto, e quindi l’episcopato cattolico nutre speranze concrete che il parlamento possa presto modificare le leggi imposte da Londra.
Salvo qualche associazione pro-life, non sono però al momento arrivate risposte significative all’appello dei vescovi, ma una cosa pare ormai certa: al di là di ogni silenzio politicamente corretto, la conferenza episcopale nordirlandese non ha nessuna intenzione di tacere.