Last updated on Febbraio 23rd, 2020 at 04:03 am
«Il nostro amore è personale, ma la legge che diceva che non potevamo sposarci era politica». Commentano così il traguardo raggiunto Robyn Peoples e Sharni Edwards, due donne: il loro è il primo matrimonio tra persone dello stesso sesso celebrato nell’Irlanda del Nord. Robyn ha 26 anni ed è originaria di Belfast, Sharni ne ha 27 e viene da Brighton, sono entrambe attiviste del movimento LGBT+. Si sono conosciute cinque anni fa in un bar gay, ma hanno dovuto aspettare fino a ora per coronare il sogno di “sposarsi”, poiché in Irlanda del Nord il matrimonio fra persone dello stesso sesso non era riconosciuto dalla legge, laddove invece nel resto del Regno Unito lo è dal 2014.
Quell’angolo settentrionale dell’Isola Verde ha infatti sempre mantenuto una significativa autonomia, anche su temi quali la Sanità, l’Educazione e le tasse. A causa dell’assenza di un governo, però, assenza durata tre anni, sono bastati due emendamenti votati dal parlamento britannico per applicare anche là la stessa legislazione già vigente nel resto del Paese.
In questi anni le associazioni LGBT+ non sono certo rimaste in silenzio, anzi, a cominciare dalla campagna Love Equality NI, promossa da Amnesty International. Per essa sono state create pagine social, video, spettacoli teatrali, e sono state organizzate manifestazioni per le strade onde sensibilizzare l’opinione pubblica sull’“urgenza” dell’approvazione del “matrimonio” omosessuale.
«Siamo così grate alle migliaia di persone che hanno marciato per le nostre libertà, alla campagna Love Equality che ha aperto la strada e ai politici che hanno votato per cambiare la legge», dicono le due ragazze, levando i calici al cielo. «Stando insieme, abbiamo fatto la storia».
E in effetti una nuova pagina di storia è proprio stata scritta il 22 ottobre, giorno in cui è stato approvato il Northern Ireland (Executive Formation etc) Act 2019. Oltre al “matrimonio” tra persone dello stesso sesso viene infatti liberalizzato l’aborto, garantendo a tutte le donne che vogliano sopprimere il bambino che portano in grembo la possibilità di farlo, gratuitamente, in qualsiasi ospedale del Regno Unito. E cancellando di fatto l’obiezione di coscienza. L’Irlanda del Nord rimaneva infatti l’ultimo tassello del Regno Unito dove l’aborto era considerato illegale, salvo pericoli gravi per la salute della madre.
Dal 2010 l’unica forza politica che aveva insistito per far approvare una legge pro choice era stata il Partito Verde, impegnato in contemporanea nelle battaglie ambientaliste. Grainne Teggart, la responsabile delle campagne di comunicazione di Amnesty Internarional, ha commentato dal proprio profilo Twitter: «Ci siamo, è il giorno in cui diciamo addio a leggi oppressive che controllavano il nostro corpo e che ci rifiutavano il diritto di decidere».
Contro questo emendamento si è levata la voce dei vescovi irlandesi, che, attraverso un comunicato, hanno denunciato: «Si tratta di una legge ingiusta. Di conseguenza, nessuno è obbligato, in coscienza, a cooperare con qualsiasi azione consentita dalla nuova normativa che porta, direttamente e intenzionalmente, all’uccisione del nascituro. Tutti i cristiani e le persone di buona volontà sono obbligati in coscienza a non cooperare formalmente ai servizi di aborto, anche se consentito dalla legislazione civile».