Christina Ellingsen vive in Norvegia, è una femminista, fa parte dell’associazione internazionale a favore dei diritti delle donne Women’s Declaration International (WDI). Attualmente, è indagata dalla polizia del suo Paese e, se condannata, rischia sino a tre anni di carcere. La sua colpa? Avere detto in faccia, o meglio, sulla piattaforma social Twitter, che un uomo non può essere «lesbica».
I tweet in questione, postati dalla Ellingsen tra febbraio 2021 e gennaio 2022, sono risposte dirette a “Christine Marie” Jentoft, transessuale, attivista e consulente del gruppo di attivisti Foreningen FRI, un uomo che si identifica come donna lesbica e che insieme a FRI si batte fra l’altro per la normalizzazione di pratiche quali il sadomasochismo e il feticismo.
Christina Ellingsen è accusata di hate speech e di incitamento all’odio in base a una normativa norvegese in vigore da gennaio dell’anno scorso, a suo tempo già contestata da WDI proprio per la deriva verso la censura del pensiero femminile, prima ancora che femminista, ravvisata fin dal principio nelle estensioni della legge.
Durante un dibattito che si è svolto sulla TV norvegese, inoltre, la Ellingsen si sarebbe rivolta direttamente a Jentoft: «Tu sei un uomo. Non puoi essere una madre», avrebbe detto, «normalizzare l’idea che gli uomini possano essere madri è una forma chiara di discriminazione contro le donne». Da qui, sembra, la denuncia alle autorità da parte dell’uomo.
La WDI ha dichiarato il proprio appoggio a Christina Ellingsen aprendo una sottoscrizione in suo favore sul proprio sito web. «La campagna per i diritti delle donne non è un crimine d’odio», vi si legge. «Le donne sono femmine umane adulte e hanno diritti e bisogni umani basati sul sesso. Per definire e difendere questi diritti e bisogni, le donne debbono poter parlare apertamente, essere libere di chiamare “uomo” un uomo, affermare che solo le donne possono essere madri e dire che le lesbiche sono esclusivamente donne attratte dallo stesso sesso».
Libere di affermare, in breve, che in estate le foglie sono verdi.
La vicenda della Ellingsen richiama, alle medesime latitudini, quanto ha subito e sta ancora subendo Päivi Räsänen, ex ministro finlandese, accusata di «omofobia», già assolta dal tribunale distrettuale di Helsinki, oggi ancora coinvolta per la riapertura del caso giudiziario che la riguarda nella Corte d’appello della capitale.