Last updated on Luglio 24th, 2021 at 11:00 am
Passata la buriana della crisi di governo, e ormai concluso il rodaggio dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, il dibattito politico torna – si fa per dire – all’ordinaria amministrazione. E i megafoni liberal tornano ad amplificare quella che, CoViD-19 o non CoViD-19, è ritenuta da taluni l’emergenza del secolo: la cosiddetta «omo/transfobia».
Nessuno sfugge ai severi censori imbellettati d’arcobaleno. L’ultima a finire nell’occhio del ciclone è uno dei più noti volti della magistratura italiana. Simonetta Matone, sostituto procuratore generale alla Corte d’Appello di Roma, non ha fatto in tempo a essere nominata consigliera di fiducia dell’Università La Sapienza di Roma, che subito è stata impallinata dalle onnipresenti associazioni LGBT+.
Secondo gli attivisti arcobaleno, infatti, la Matone sarebbe «nota da sempre per le posizioni omofobe», quindi non idonea a svolgere l’incarico conferitole, che consiste nel fornire consulenza sui casi di molestie sessuali, con relativa assistenza alle vittime. La “colpa” del sostituto procuratore è avere firmato, nel gennaio 2016, un appello del Centro Studi Rosario Livatino (CSL) contro il «ddl Cirinnà», approvato in parlamento pochi mesi dopo. Ora le associazioni LGBT+ auspicano che il rettore dell’ateneo romano, Antonella Polimeni, «riveda al più presto la sua decisione», ma il CSL si è riservato di procedere alle vie legali contro tale ipotesi.
La battaglia ideologica intorno all’«omo/transfobia» non risparmia però nemmeno le amministrazioni cittadine. Nonostante, a livello territoriale, l’impegno abbia carattere simbolico, sono stati almeno una trentina i consigli comunali che hanno presentato, e in larga parte già discusso, mozioni che impegnano i rispettivi sindaci e giunte a una presa di posizione favorevole o contraria al «ddl Zan».
A un primo bilancio provvisorio i Comuni finora coinvolti sono questi: 22 consigli comunali hanno presentato mozioni a favore del «ddl Zan» a Bari, Bergamo, Bologna, Campobasso, Ferrara, Fiumicino, Lauria, Lecce, Lucca, Messina, Milano, Modena, Padova, Pescara, Pietragalla, Piombino, Portomaggiore, Ravenna, Reggio Emilia, Torino, Trento, Varese. 15 sono invece i consigli che hanno presentato mozioni contrarie: Ascoli Piceno, Bergamo, Brescia, Cantù, Codogné, Crotone, Foligno, Ladispoli, Marino, Modena, Pisa, Pontremoli, Potenza, Santa Maria a Vico e Verona. I Comuni dove sono state votate due mozioni di segno opposto sono Bergamo e Modena.
Si riscontra, dunque, un interesse più marcato all’«omotransfobia» – in una direzione o nell’altra – nei comuni del Centro-Nord, con una concentrazione notevole nelle cosiddette «regioni rosse», o ex rosse, dove il dibattito tende ad assumere connotati più marcatamente ideologici che altrove.
I Comuni dove sono state discusse e approvate a maggioranza mozioni favorevoli al testo unico contro l’omotransfobia sono Bergamo, Bologna, Campobasso, Fiumicino, Lauria, Milano, Modena, Pescara, Piombino, Portomaggiore, Ravenna, Reggio Emilia, Torino, Trento. L’unanimità a favore della proposta di legge è stata invece raggiunta a Bari, Lecce, Messina, Pietragalla.
Sono sette, invece, i Comuni dove le maggioranze di Centrodestra sono riuscite a far approvare una mozione che impegna sindaco e giunta a contrastare il testo unico: Cantù, Codogné, Ladispoli, Pisa, Pontremoli, Potenza, Verona. A questi si aggiungono quattro altri Comuni dove la mozione contraria al «ddl Zan» è stata presentata dall’opposizione di Centrodestra ed è stata respinta: Bergamo, Brescia, Modena, Santa Maria a Vico. Un’eccezione è rappresentata da Pescara, dove la mozione a favore della proposta di legge è stata presentata dall’opposizione di Centrosinistra, ma poi bocciata in consiglio.
Mentre le approvazioni delle mozioni favorevoli hanno suscitato scarsa eco mediatica, non si può dire altrettanto per i Comuni delle mozioni contrarie. A conferma del fatto che, ormai, è il richiamo alla normalità e alla “tradizione” a fare notizia. Sempre inevitabilmente accompagnato dalle rituali accuse di omofobia e intolleranza.
A Pisa è stato un vero choc, anche in ragione del contesto di quella che, per settant’anni, fino a meno di tre anni fa, era stata un’amministrazione rossa. Pisa è, oltretutto, uno di quei Comuni che, passando al Centrodestra, sono usciti dalla rete di Regioni, Province Autonome ed Enti Locali contro le discriminazioni Re.a.dy., vera e propria filiera per la diffusione dell’ideologia gender a livello territoriale. I consiglieri dell’opposizione hanno espresso «vergogna» per il «tetro spettacolo messo in scena dal sindaco e dalla maggioranza», che, a loro dire, avrebbero sdoganato ufficialmente «la libertà di discriminare e di odiare». Dove, però, il pronunciamento sul «ddl Zan» ha suscitato più sorpresa e clamore è sicuramente a Crotone. Nel Comune calabro è al potere una giunta di “grande coalizione”, formata da due liste civiche, una delle quali più organicamente legata ai partiti di Centrosinistra, l’altra indipendente. Ebbene, la mozione che impegna il sindaco, Vincenzo Voce, e la sua amministrazione a prendere le distanze dalla proposta di legge, pur provenendo dall’opposizione, è stata approvata.
Dopo una rocambolesca vicenda procedurale, il voto ha dato il seguente esito: 12 favorevoli (di cui 3 dell’opposizione e 9 della maggioranza), 10 contrari (tutti della maggioranza) e 8 astenuti (6 dell’opposizione, 2 della maggioranza, compresi sindaco e presidente del consiglio comunale).