Il Grande Guardone anche dentro casa

In Scozia vogliono origliare attraverso i muri. E nell’Italia dell’on. Zan?

Gli occhi che tutto vedono

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Humza Yousaf è il ministro scozzese della Giustizia. Non parrebbe, ma è così. Adesso ha avuto un’idea fulminante. Spiare la gente dentro le proprie case per scovare anche la più piccola traccia di hate speech. Ora, l’hate speech è quella cosa che nessuno sa cosa sia tranne che per tutti è il randello con cui zittire gli altri. Sostanzialmente è ciò che a uno non piace gli altri dicano con il potere di bavaglio. Esempio: il razzismo, da vocabolario, è una cosa (odiosa) ben precisa, ma oggi «razzista» è chiunque discrimini gli altri in ragione di alcune loro caratteristiche, tranne quelli che abortiscono un bimbo ancora nel grembo della sua mamma giacché affetto da trisomia 21.

Humza Yousaf ne è così convito che applicherà la nuova legge scozzese sul crimine per piazzare l’orecchio del Grande Fratello dento le abitazioni private.

Ora, non bisogna essere degli storici professionisti per comprendere come lo spionaggio di questo tipo sia la caratteristica prima di ogni regime totalitario. I giacobini vivevano di delazioni gratuite senza onere della prova e il tribunale di Parigi era una divinità terrena che nessuno osava fermare. Nella Germania di Adolf Hitler gli ebrei finivano in capo di concentramento a mezzo di soffiate. In Unione Sovietica fu istituito lo SMERSH, acronimo di SMERt’ SHpionam, «morte alle spie», per infamare “gli altri” e continuare a ficcanasare. Nella Cina neo-post-nazional-comunista le lingue lunghe le pagano con un tariffario di Stato. Guardatevi Le vite degli altri (2006), del Premio Oscar tedesco Florian Henckel von Donnersmarck, e vi verranno i brividi perché è tutta roba vera.

Ora, se Humza Yousaf finisse per spuntarla, cosa accadrebbe se, una mamma, dentro casa, dicesse a uno dei propri figli che l’aborto è una porcheria, e il matrimonio è fra un uomo e una donna, mentre la vicina lesbica, che ha abortito due anni fa, chiamasse il numero dedicato degli sbirri guardoni scozzesi mantenuti dai contribuenti? Ma succederebbe la medesima cosa se io chiamassi quel numerino magico per denunciare l’inquilino del terzo piano che l’altro giorno bestemmiava come un demone e la giurava a quegli “invasati” dei pro lifer? A parte il fatto che io non telefonerei mai, l’hate speech è il coltello tenuto dalla parte del manico da chi detiene il potere.

Ma c’è altro. La voglia assurda di Humza Yousaf non è solo quella di mettere tutti e ciascuno sotto intercettazione: è soprattutto l’idea che nessuno possa e debba sottrarsi al controllore ed educare i figli. È l’idea robespierriana del Comitato di Salute Pubblica che sa sempre, e in anticipo, cosa sia bene per i cittadini, ai quali spetta soltanto pagare quel servizio non richiesto con le tasse e con la vita, se sono duri di orecchie. È l’idea giacobina di una “virtù pubblica” stabilita a tavolino e ripetuta a intervalli regolari dalla voce del padrone che dal minareto del potere incontrastato salmodia il catechismo civico del cittadino perfetto, quello prono. È l’omologazione sempre ricercata dal potere per meglio tiranneggiare le persone, facendosi ringraziare. Inutile aggiungere che Maximilien Robespierre e il suo famigerato Comitato erano solo una cricca di furfanti omicidi.

Il futuro che bolle nella pentola dei vari Humza Yousaf è insomma la Los Angeles distopica del 2032 di Demolition Man, film firmato nel 1993 dal milanese Marco Brambilla, dove la società sterilizzata e neopuritana multa persino chi dice una parolaccina per strada mediante un sofisticatissimo sistema di controllo ubiquo. La cosa triste, però, è che il ministro Humza Yousaf non è affatto un mostro della fantascienza. È reale, e governa. Per questo bisogna garantire la libertà a tutti di dire quel che vogliono, persino se fosse folle od osceno, fintanto che le parole non travalicano in fatti, laddove interviene la legge ordinaria senza bisogno di spioni, guardoni e ducetti con le manette speciali. Sia in Scozia sia in Italia, dove aleggiano le proposte di legge dell’on. Alessandro Zan.

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