Il drago rosso cinese non partorisce più figli

Le coppie in età fertile non reggono il ritmo dell’invecchiamento della popolazione. Ed è già un disastro

immagine tratta da Google Images

Last updated on Febbraio 17th, 2020 at 04:17 am

L’inverno demografico pesa sulla Cina come il cielo incombe su Pechino, giallo e grigio per l’inquinamento. Le coppie cinesi in età fertile non tengono il passo con l’aumento dell’età della popolazione e con il ricambio generazionale. Non fanno cioè figli, quantomeno non abbastanza.

I dati diffusi dall’Ufficio nazionale di statistica sono significativi. Nel 2019 il tasso di natalità è stato di 10,48 nascite ogni 1.000 abitanti, toccando così il livello più basso dal 1949, anno di nascita della Repubblica Popolare Cinese: sono nati 14,65 milioni di bambini, 580 mila in meno rispetto all’anno precedente, il 2018. In confronto al 2017 le nascite sono calate di 2 milioni e mezzo: numeri impressionanti, sull’orlo del precipizio della denatalità.

Cifre simili si erano toccate soltanto nel cuore del Grande balzo in avanti (1958-1961), quando Mao Zedong (1893-1976) e la sua folle politica economica per sviluppare l’apparato industriale del Paese fecero morire di fame e di stenti milioni di cittadini.

Entro il 2030, dicono le proiezioni, almeno un quarto della popolazione cinese avrà più di sessant’anni, contro il 18% del 2019 e il 13% del 2010, comportando il crollo della disponibilità della forza lavoro e costi sociali altissimi.

Perché è questo, naturalmente, che preoccupa Pechino: la Cina non può reggersi, a meno di poter contare su enormi masse di lavoratori a basso costo e ad alto rendimento. Come potrebbe altrimenti costruire, per esempio, un ospedale in dieci giorni, come sta accadendo ora per l’emergenza del coronavirus proveniente da Wuhan?

Non solo. Il sistema pensionistico è in crisi: l’età pensionabile è estremamente bassa (60 anni gli uomini, 50 o 55 le donne a seconda del tipo di mansioni svolte), così come del resto l’importo del sussidio. Fiumi di renminbi escono dalle casse statali per pagare le pensioni, eppure i pensionati hanno bisogno dell’aiuto dei figli per sopravvivere: come faranno quando quei figli che pagano le pensioni e aiutano i genitori non ci saranno più o non saranno abbastanza numerosi?

Prima il “figlio unico”, poi l’edonismo

Uno dei motivi del calo demografico è certamente la legge del “figlio unico”, istituita nel 1980 da Deng Xiaoping (1904-1997) e abrogata solo a partire dal 2015, quando il regime l’ha modificata, permettendo alle coppie di avere due “figli unici” dopo avere creato, negli anni, una voragine di almeno 400 milioni di non nati. Sanzioni economiche importanti continuano infatti a essere applicate qualora ne concepiscano un terzo. L’abrogazione della legge, tuttavia, non ha portato i risultati sperati: la popolazione non cresce e le coppie rinunciano a mettere al mondo dei figli.

Non si può ignorare però un altro aspetto che riguarda le grandi città moderne e la loro upper class (o aspirante tale): le mentalità è cambiata.  Così come in Occidente, ora che si è stabilito inequivocabilmente che «arricchirsi è glorioso», come disse Deng, la generazione che oggi dovrebbe preoccuparsi della generazione futura è invece occupata in tutt’altro.

Lo confermano le ricerche nel marketing. Già nel 2018 China’s Evolving Consumers: Eight Intimate Portaits dell’analista Tom Nunlist ‒ di cui si segnala anche la brillante analisi della specialista italiana Nicoletta Ferro su China Files ‒ tratteggiava un target di clientela molto particolare. Si tratta di giovani, single o coppie, che vivono in grandi città, che sono “in carriera” e che godono di un lavoro che permette loro di immaginare un futuro di sfizi da cui è assente il desiderio di avere figli, o comunque non più di uno. Il tutto in un contesto di competizione sociale e di lotta per la ricchezza dove le scuole migliori sono costosissime e le performance richieste spaventose, a ogni livello.  Una nicchia, certamente, ma talvolta le élite (a qualsiasi titolo) tracciano il cammino.

L’ansia di Pechino insomma cresce. Se ne occuperà l’Assemblea nazionale del popolo in programma a marzo? Ma la vera scommessa è: come?

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