«Dopo 10 mesi di intense trattative», scrive il quotidiano britannico The Guardian, «il Cile ha messo a punto la bozza di una nuova Costituzione che potrebbe sostituire il documento redatto durante la dittatura del generale Augusto Pinochet» (1915-2006), ex presidente del Paese iberoamericano dopo il colpo di Stato del 1973 e fino al 1990, testo che pure era già stato riformato in modo significativo sotto la presidenza di Ricardo Lagos nel 2005.
María Elisa Quinteros, presidente dell’Assemblea costituente cilena, composta di 154 membri, nei giorni scorsi ha presentato formalmente la bozza, durante una cerimonia nella città portuale di Antofagasta. La nuova Costituzione, frutto delle proteste di piazza di milioni di persone nel 2019, sarà sottoposta a referendum popolare il 4 settembre.
«Questa è una Costituzione ecologista ed egualitaria, che pone i diritti sociali al centro», ha affermato María Elisa Quinteros. «Tra la lunga lista di diritti e libertà che la bozza racchiude», continua The Guardian, «la nuova Costituzione rende l’istruzione superiore gratuita, garantisce la parità di genere in tutto il governo e rende lo Stato responsabile della prevenzione, dell’adattamento e della mitigazione del cambiamento climatico. […] Il nuovo documento offrirà per la prima volta il riconoscimento costituzionale alla popolazione indigena del Cile».
«Che questa Costituzione venga rifiutata o approvata [dal referendum], credo che i popoli indigeni del Cile abbiano già vinto», ha dichiarato Rosa Catrileo, che rappresenta i Mapuche, il più grande gruppo indigeno del Paese. «Abbiamo reso visibili le nostre richieste a livello nazionale, quindi mai più saremo esclusi dal dibattito», ha concluso.
In tutto questo parlare di diritti, però, quelli che verrebbero calpestati nel caso in cui il nuovo testo fosse approvato ed entrasse in vigore sarebbero i diritti di chi davvero è invisibile ed escluso, dei nascituri nel grembo materno. Come già rilevato da «iFamNews», infatti, «[…] l’Assemblea costituente cilena ha votato per includere i diritti riproduttivi, inclusa “l’interruzione volontaria della gravidanza”, nella bozza di Costituzione». I cosiddetti «diritti riproduttivi delle donne» dovrebbero quindi entrare a far parte della Costituzione cilena, cavalcando il consueto stereotipo pietistico della autodeterminazione femminile. Il Cile sarebbe il primo paese iberoamericano in cui il “diritto” all’aborto risulterebbe sancito dalla Costituzione.
«Con 499 articoli», sottolinea ancora The Guardian, «la nuova Costituzione del Cile sarebbe la più lunga del mondo, suscitando qualche preoccupazione per l’approccio “massimalista” adottato dai delegati. […] Tuttavia, le prospettive sono incerte in vista del referendum di settembre. Gli ultimi sondaggi suggeriscono che l’entusiasmo iniziale per la riforma si è dissipato, con il 46% degli intervistati che afferma che rifiuterà la bozza, rispetto al 38% che voterà a suo favore».
«Vi è la possibilità che si sostituisca una Costituzione illegittima e autoritaria con una divisiva e mal definita», ha affermato Kenneth Bunker, direttore di Tresquintos, sito web cileno di analisi politica ed elettorale.