Il Belgio introdurrà il «reato di ostruzione all’aborto»

Al vaglio del governo un disegno di legge che criminalizza il sostegno alla vita

Parlamento federale del Belgio

Last updated on marzo 3rd, 2020 at 09:56 am

Nell’aprile 1990 in Belgio, a fonte dell’approvazione, da parte delle Camere, di un disegno di legge che depenalizzava l’aborto entro le prime dodici settimane di gravidanza, l’allora sovrano, re Baldovino (1896-1991), abdicò, pur di non apporre la propria firma di ratifica. Si trattò, certo, di una mossa strategica: l’abdicazione durò solo il tempo necessario per completare l’iter legislativo, due giorni. La depenalizzazione della pratica abortiva non fu fermata, non di meno Baldovino non l’approvò e diede un segnale importante, lui che nella vita non aveva potuto godere delle gioie della paternità.

Il tempo è trascorso e alla morte di Baldovino è salito al trono il fratello, Alberto II, che nel 2013 ha abdicato in favore del figlio Filippo, attuale re del Belgio. Di nuovo il parlamento belga sta discutendo di aborto, non certo per tornare sui propri passi, anzi. In un Paese in cui si può domandare, e ottenere, l’eutanasia per una pena amorosa, non stupisce, purtroppo, che anche le condizioni per l’interruzione volontaria di gravidanza siano sempre meno restrittive: la proposta al vaglio prevede infatti l’estensione della possibilità di abortire alle prime 18 settimane di gestazione, la restrizione del periodo obbligatorio di riflessione da sei a due giorni – due soli giorni per decidere se sbarazzarsi di un figlio… – e la rimozione dell’aborto dal Codice penale, non solo per le donne, ma anche per i medici che lo praticano.

Il «reato di ostruzione all’aborto»

Visto l’accesso sempre più semplice alle pratiche abortive, il Belgio si prepara cioè a criminalizzare chiunque «cerchi di impedire fisicamente o in alcun modo a una donna di accedere liberamente a una struttura sanitaria che pratica l’interruzione volontaria della gravidanza». Un vero e proprio crimine di “intralcio all’aborto”, che fa rifermento a chi frapponga impedimenti fisici, ma pure semplicemente a nulla («de quelque manière que ce soit» in francese, «op enigerlei wijze» in fiammingo), una dicitura piuttosto vaga, che lascerebbe spazio alle interpretazioni più varie. L’emendamento porta quindi degli esempi: «la distribuzione fuori dalle cliniche abortiste di volantini contenenti rappresentazioni esagerate, grottesche o non conformi alla realtà dell’aborto» – come possa essere “esagerata” la rappresentazione di un feto aspirato dal seno materno è difficile da immaginare –; il «fare pressioni o minacciare una donna che vuole abortire»; «in caso di obiezione di coscienza, rifiutarsi di indirizzare ad un medico disponibile»; e «conservare indirizzi di cliniche per l’aborto».

Multe e carcere

Per chi fosse accusato del reato di «ostruzione all’aborto», le pene previste potrebbero essere il carcere da 3 a 12 mesi e una multa da 100 a 500 euro. Ma, come ha giustamente osservato l’Institut Européen de Bioéthique, le esemplificazioni riportate «sembrano difficili da conciliare con la libertà di espressione e di coscienza». Sono, inoltre, assolutamente insufficienti per chiarire a chi o cosa si riferisca l’espressione «in alcun modo»: il tentativo di supportare una donna che stia pensando di abortire per difficoltà economiche rientrerebbe nel caso? E soprattutto, un padre che si trovasse a desiderare la nascita del figlio, si troverebbe nell’impedimento di sostenere la propria compagna in difficoltà con la gravidanza? A chi sarebbe affidata, poi, la responsabilità di giudicare dove finisce il «sostegno» e dove inizia l’«ostruzione», sempre che di ostruzione si possa mai parlare, quando qualcuno voglia accompagnare una donna che sta generando un figlio? Ovviamente a quelle stesse corti che hanno assolto pure gli assassini di Tine Nys, nonostante il medico stesso che ha fisicamente praticato l’eutanasia avesse ammesso di non essere adeguatamente formato. Assolti perché, di fronte al quesito se qualcuno non abbia agito in modo conforme alla legge, «[…] se rimane un dubbio, questo va sempre a favore dell’accusato».

Resta un altro “dubbio”: tale principio verrà ugualmente applicato di fronte al presunto “reato di ostruzione” da parte di un pro lifer?

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