Green Pass a scuola: parte la class action contro l’obbligo

Parla l’avvocato Michela Scafetta: «In tre giorni oltre mille adesioni di lavoratori»

Image from Public Domain Pictures, edit by "iFamNews"

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Last updated on Agosto 14th, 2021 at 06:44 am

C’è fermento nel mondo della scuola. La settimana scorsa il Consiglio dei ministri ha approvato l’obbligo di Green Pass anche per il personale scolastico. Un modo, è stato detto, per assicurare un’alta copertura vaccinale e prevenire in tal modo un nuovo ricorso alla didattica a distanza (DAD). Eppure, stando ai dati diffusi sabato dalla struttura commissariale per l’emergenza CoViD-19, soltanto il 14,87% del personale scolastico non ha finora completato il ciclo vaccinale. Dunque l’85,13% dei lavoratori della scuola è vaccinato. Dato, questo, destinato a crescere prima della riapertura dei cancelli: per il sottosegretario all’Istruzione Rossano Sasso, recentemente intervistato da «iFamNews», i lavoratori vaccinati «entro la fine di agosto saranno certamente superiori al 90%».

Se le percentuali sono così alte, cosa spinge il governo a imporre il Green Pass? Se lo chiedono numerosi lavoratori della scuola, che in pochi giorni hanno aderito a una class action lanciata dallo Studio Legale Scafetta. Del tema «iFamNews» parla con l’avvocato Michela Scafetta.

Avvocato, quante adesioni avete ricevuto finora?
Nei primi tre giorni di attivazione della piattaforma abbiamo riscontrato più di mille richieste di adesione. Moltissimi docenti, di ruolo e precari, sono preoccupatissimi delle ingiuste conseguenze economiche e professionali che la norma appena emanata è idonea a produrre.

Quali aspetti contesta del Green Pass obbligatorio per il personale scolastico?
L’imposizione del Green Pass al personale scolastico dovrebbe perseguire finalità di tutela della salute pubblica e dell’istruzione in presenza al 100%, tuttavia in termini meramente applicativi non è affatto garantito che impedire al personale scolastico privo di Green Pass (circa il 10% del totale, e cito stime fornite dal governo stesso) di accedere agli istituti escluda il rischio di focolai tra gli studenti, con conseguente chiusura mirata o generalizzata degli istituti scolastici.

Ritiene dunque che questa misura non sia adeguata a prevenire il ricorso alla DAD?
Assolutamente no. Come ho appena precisato l’assenza di immunizzazione – e di controlli regolari – sugli studenti non riduce il rischio di ricorrere alla DAD durante il prossimo anno scolastico. Con il Green Pass ai docenti il legislatore ha deciso di sacrificare il diritto al lavoro e alle libertà costituzionalmente garantite senza che ciò possa incidere positivamente sulla diffusione del contagio. A ciò è opportuno aggiungere che gli studenti, dal prossimo 13 settembre, torneranno ad affollare i trasporti pubblici locali senza che siano state emanate adeguate misure.

A proposito della funzione di profilassi, l’obbligo di Green Pass varrà anche per il personale che ruota attorno al mondo della scuola (autisti di bus, personale delle mense, e così via)?
Dalla lettera dell’art. 1, nella parte in cui introduce l’integrazione al decreto legge 52/2021, convertito dalla legge 87/2021, l’obbligo di esibizione del Green Pass è imposto a «tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario», pertanto sembrerebbero esclusi i lavoratori non direttamente alle dipendenze del ministero dell’Istruzione.

L’onere del controllo graverà sui presidi, che saranno dunque soggetti a sanzioni. È uno degli aspetti che contestate nella class action?
Certamente. Le sanzioni minacciate ai dirigenti scolastici sono eccessive rispetto ai compiti e alle responsabilità che discendono dal contratto di lavoro di questi. Preciso che la scuola è l’unico luogo ove è obbligatoria l’esibizione del Green Pass che manca, per sua natura, di personale preposto ad effettuare i controlli richiesti dalla norma e di certo non può essere il dirigente scolastico a farsene carico.

Quando e come partirà la vostra azione legale?
Intendiamo agire tempestivamente al fine di stimolare una rimodulazione della portata applicativa della norma tenendo conto delle considerazioni di diritto, ma anche legate a ragioni di opportunità e proporzionalità, che metteremo alla base dell’azione. In questa fase non è possibile dare corso a un’azione giudiziale, pertanto provvederemo a notificare una diffida a nome di migliaia di docenti discriminati e ingiustamente sacrificati e solo in seguito - quando le circostanze lo permetteranno - tuteleremo, anche individualmente, i diritti dei lavoratori lesi dall’applicazione della normativa.

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