Che «iFamNews» non sia un grande fan dell’Organizzazione delle Nazioni Unite non è un mistero, e pour cause. Alle Nazioni Unite, infatti, le parole si sprecano con facilità, mentre la sostanza è sempre puntualmente deludente. Aborto, sterilizzazioni, appiattimento sui falsi miti del politicamente corretto, spesso sostegno a regimi improponibili, un Consiglio di sicurezza pietoso a dire il meno e un Alto Commissariato per i diritti umani talora peggio. Proprio per questo il fatto che l’ONU, attraverso il proprio Comitato per i diritti delle persone con disabilità, abbia ingiunto, ripeto ingiunto, al Regno Unito di non uccidere il dodicenne Archie Battersbee è un fatto che non ha precedenti e che riempie di gioia tutti coloro che hanno a cuore la sacralità della vita umana.
La soppressione di un innocente non è accettabile mai. L’eutanasia è una mascalzonata che grida vendetta. Ammazzare un 12enne per enne motivi, tutti farlocchi, è una vigliaccata incivile, cioè indegna di una civiltà che voglia definirsi tale. Che a volerlo fare con protervia, acribia e tanto di legge sia un Paese dalle profonde e lunghe tradizioni civili e democratiche come la Gran Bretagna aggiunge sdegno a sdegno.
Che addirittura un organismo al di sopra di ogni Paese e di ogni sospetto, l’ONU, ingiunga, ripeto ingiunga, a un Paese democratico, suo membro, di non ammazzare gratuitamente un proprio cittadino minore di età è una cosa bella e al contempo agghiacciante.
L’ONU sta chiedendo tempo a Londra, come lo chiedono i genitori di Archie, come lo chiede «iFamNews», come lo chiede qualunque persona di buon senso e criterio e un briciolo di umanità residua. Serve tempo affinché il caso del piccolo Archie venga considerato in tutte le sfaccettature e in tutte le angolazioni, in tutti gli anfratti e in tutti gli angoli. Si tratta di una vita umana, e non può essere sacrificata. Si tratta della vita di un ragazzo, e non può essere sacrificata.
Perché, se qualcuno sapesse cose che la comune conoscenza di noi mortali non sa, ha il dovere, persino l’obbligo, di dirla, di dirla subito e di dirla bene. In attesa, in attesa di tutto, Archie deve vivere, deve assolutamente vivere. Non lo dico spesso, non lo dico né ora né mai a cuor leggero: grazie ONU.