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Eataly (s)vende la madre

Come sporcare il gioco meraviglioso della pasta madre

Cristina Tamburini di Cristina Tamburini
21/02/2021
in Famiglia
202
Reading Time: 5 mins read
0
Eataly (s)vende la madre

Image by Rudy and Peter Skitterians from Pixabay

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Last updated on aprile 6th, 2021 at 05:25 am

«La pasta madre è un dono: non si vende, non si compra, la si regala semplicemente»: era l’aprile 2015 e la pasta madre – o lievito madre – già faceva parlare di sé anche fuori dallo stretto giro dei primi “cultori”. La creazione del primo gruppo Facebook risaliva infatti al gennaio 2012, un gruppo nato quasi per scherzo da tre amiche appassionate di panificazione che, nel giro di due anni, ha superato i 35mila iscritti. Colpito dagli hacker – per dire che nemmeno a parlar di acqua e farina si può stare tranquilli – e dovendo ripartire da zero, le ormai migliaia di adepti della pasta madre hanno creato non solo un nuovo gruppo, ma persino un blog attivo e frizzante.

Trent’anni di ricerche sulla pasta madre

Di pochi giorni fa è la pubblicazione di un vero e proprio studio scientifico, finalizzato alla raccolta di trent’anni di ricerche in merito all’argomento “lievitazione naturale”, segno di quanto l’argomento panificazione domestica si sia diffuso in modo sempre più significativo. Negli anni sono infatti fioriti i siti a esso dedicati, ciascuno con la propria sfumatura e il proprio “credo”, spesso molto differente tra una narrazione e l’altra. Alcuni luoghi sono aperti a tutti, altri chiedono di associarsi. C’è chi è spalancato a qualsiasi tipo di sperimentazione e chi è strettamente legato a una tradizione specifica. Le scuole di pensiero si moltiplicano, e a chi sostiene la necessità di un lievito semplice e naturale, composto solo di acqua e farina, c’è chi risponde che usare uno starter iniziale – yogurt, miele, zucchero, frutta e così via – non sia poi un gran delitto. Chi predilige il licolì (il lievito madre liquido) e chi considera pasta madre solo il lievito solido… Insomma, la ridda di pensieri e di opinioni a riguardo si spreca.

Spinta ulteriore alla produzione domestica di pane e di prodotti da forno è stata la chiusura della primavera scorsa, quando si è vista la farina andare a ruba nei supermercati.

Infiniti gli stili di approccio alla produzione domestica di pane e di pizza, principalmente, ma anche di dolci e grandi lievitati: dalle colombe pasquali al panettone natalizio. Dentro cotale molteplicità di informazioni c’è effettivamente un solo punto, una stella fissa, condivisa praticamente da tutti coloro che con il lievito naturale hanno a che fare: «la pasta madre è un dono: non si vende, non si compra, la si regala semplicemente». Non è possibile commercializzare la pasta madre, per altro, giacché si tratta di «un “essere vivente” frutto soprattutto dell’ambiente in cui vive e anche se fatta con gli stessi ingredienti avrà caratteristiche diverse da casa a casa». Ciò si spiega considerando che «la microflora di un lievito madre non è mai la stessa, al contrario risulta essere diversa a seconda delle condizioni di lavorazione, dell’ambiente in cui si trova e dalle materie prime utilizzate».

Il “giro” degli spacciatori

Impossibile avere la propria pasta madre, dunque, per chi non si sentisse all’altezza, o semplicemente non avesse voglia di affrontare il lungo procedimento per crearsela da zero? Certo che no: nella Penisola sono presenti diverse reti di “spacciatori” di pasta madre, registrati su diversi siti e mappe, pronti a condividere con gioia – e gratuitamente –  il frutto dei propri sforzi. Tra le ferme convinzioni dei cultori, tra l’altro, esiste l’usanza di dare un nome alla propria pasta madre, che, sentendosi identificata quasi come un membro della famiglia, sarebbe facilitata nella crescita e nella forza generatrice.

Oltre dagli spacciatori “privati” è possibile ricuperare un pezzo di pasta madre seguendo un corso – se ne tengono ormai ovunque – che, oltre a trasmettere, a pagamento, insegnamenti e segreti per una panificazione ottima, omaggia sempre i partecipanti con un pezzo di lievito naturale. Quanto ai “lieviti madre essiccati” o “cuori in polvere di lievito madre”, rinvenibili ormai sugli scaffali di qualsiasi supermercato, non c’è nemmeno bisogno di sottolineare che nulla hanno a che fare con una pasta madre “vivente”.

Il mercimonio della madre

E poi arriva Eataly, che nel 2019 proponeva, in occasione del Pasta Madre Day, non solo spaccio gratuito di pasta madre, ma persino laboratori gratuiti di panetteria. Perché però regalare quel che si può vendere? Tra gli “alti cibi” che promettono, mangiando meglio, di “vivere meglio”, oggi nelle panetterie Eataly è possibile comperare il loro lievito madre.

Dalla pagina Facebook di Eataly

Ma, come il lancio pubblicitario specifica, il lievito può essere madre «o padre, o genitore 1, o genitore 2, come preferisci!».

Certo Eataly, hai proprio ragione tu: solo la madre è dono, inestimabile, non commerciabile. Nel momento in cui non se ne riconosce più il significato, il valore, nel momento in cui diventa un mero «concetto antropologico» di cui si vorrebbe – pur non potendo – fare anche a meno, allora l’origine della vita si riduce a qualcosa di commercializzabile e di indefinito, qualcosa che non ha più un nome, ma solo un prezzo, e per questo va indicato con un numero.

Eppure, la pasta madre è – e resta – quello scintillio capace di innescare il movimento nella materia inerte, che genera, dalla farina e dall’acqua, qualcosa di nuovo e totalmente altro, che dà sapore e freschezza e nutrimento. Il miracolo della materia che ribolle di vita non si può vendere, perché non ha prezzo.

Chi gli mette un’etichetta, è costretto a cambiargli pure il nome. D’altra parte, pur di apparire “moderno” e “inclusivo” sarebbe disposto a tutto. Anche a vendere la propria madre.

Tags: FamigliaVetrina
Cristina Tamburini

Cristina Tamburini

Cristina Tamburini, laureata in Filosofia con una tesi in Antropologia filosofica sull'utilitarismo contemporaneo, moglie e mamma di sette figli, non ha mai abbandonato lo studio e la passione per l’antropologia filosofica, l’etica e la bioetica. Ha tradotto in italiano diversi testi, fra i quali Azione e condotta: Tommaso d’Aquino e la teoria dell’azione di Stephen L. Brock e Intenzione di G. Elizabeth M. Anscombe, estendendo i propri interessi alla Teologia (in particolare all’Escatologia e alla Dottrina sociale della Chiesa). Ha curato il blog Sì, sono tutti miei! per raccontare e approfondire il maternage e la quotidianità in una famiglia numerosa.

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